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Giovanni Fratta's 'On the Dedication of Books', Venice (1590)

Source: British Library 1072.h.25

Citation:
Giovanni Fratta's 'On the Dedication of Books', Venice (1590), Primary Sources on Copyright (1450-1900), eds L. Bently & M. Kretschmer, www.copyrighthistory.org

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24 transcripted pages

Chapter 1 Page 1



DELLA
DEDICATIONE
DE LIBRI,


Con la Correttion dell'Abuso, in questa ma-
teria introdotto,

DIALOGHI
DEL SIG. GIOVANNI FRATTA,
Nobile Veronese.

CON PRIVILEGIO


In Venetia, Appresso Giorgio Angelieri. M.D.X C.




Chapter 1 Page 2



ALL'ILLUSTRE SIG.

MASSIMIGLIANO
PELLEGRINI,

GIOVANNI FRATTA.


                  Si come i volumi de' buoni Autori, ne' miglior
                  tempi, apportarono gloriosa reputatione à que'
                  personaggi, à cui erano inviati, cosi ne' presen-
                  ti giorni, vengono ad essere d'incerto honore,
                  à chiunque si dedicano, per l'obliqua dispositio-
                  ne di molti Scrittori, che non presentano l'ope-
re loro, se non sono poco men che sicuri del guiderdone, seguen-
do la parte maggiore delle mondane operationi, c'hanno'l suo esi-
to per la via dell'interesse; laqual cosa non pur scema la dignità
a gli elevati ingegni de' tempi d'hoggi, ma somministra anco lo-
ro ampia materia di ragionare, per dargli qualque necessaria, &
honesta riforma; si come avenne questa proßima State, con l'oc-
casione d'un ridotto, che si facena nel Giardino del Mag. & Eccell.
Sig. AURELIO Prandini, dove essendo venuto un giorno tra gli
altri il Sig. NICOLO Marogna, Medico & Filosofo Eccellentiß.
vi sopragionse anco M. Gio. Francesco Porta, persona d'honora-
to grido, & ne' Libri, & nelle Stampe; & per la longa pratica
havuta co' letterati, d'honesta cognitione delle scientie; come bene
comprenderà V.S. dalla lettura del presente Dialogo, da lei deside[rato



Chapter 1 Page 3



Della Dedicatione

rato, & per la qualità de soggetti, che parlamentano, & per esser
di già posta in pensiero, nel ricompensar coloro, che gli hanno le
fatiche proprie, ò d'altrui dedicate. Qual dunque egli si sia, per
demostratione di cara amicitia, vengo a rappresentarglielo, co-
me apunto l'intesi dall'Eccellente Marogna, che sotto nome di
Eugenio discorre, rispondendo a Critone, che in tal modo diede
principio
      CRITONE. Mi piace Eugenio di vedervi arrivato per tempo, in
gratia del comune nostro desiderio, percioche potremo ragionare
per buona pezza insieme, senz'altri intermedi, eccetto'l canto de'
l'usignuoli, il quale sopra l'iminente arbore, a concorrenza fanno.
      EUGENIO. Alcuni vogliono, che questo sia piu tosto duello mor-
tale, che gareggiamento amoroso, dicendo, che le Filomele si met-
tono al cimento del canto giorni, e notti continue, sinche l'una, o l'al-
tra delle due, che contrastano, si moia per mancamento di fiato.
      CRITONE. Anzi a me par d'haver inteso, che formino le dolci
cantilene, per ingannar con la soavità, la propria & longa vigi-
lia, stando sopra'l parto dell'ova, & a quelle, co'l calor continuo,
apportando vigore, & vita, ma ecco M. Francesco Porta.
      POR. Crederò d'esser giunto opportuno, se però non sarò fatto im-
Portuno, interrompendo il corso de' vostri ragionamenti.
      EUGENIO. Andavamo discorrendo, secondo ch'alla virtu de i
sensi, venivano rappresentati i fantasmi, come della melodia de'
l'usignuoli, apportataci all'orecchie, & del vostro arrivo, fattoci
caramente oggetto della vista.
      CRITONE. Essendo buona pezza, che non habbiano goduto del-
la vostra affabile conversatione, se affare non vi soprastà, o non
venite per negotio particolare, vi potete trattencre.
      POR. Il negotio, è quale lo predicate, ma c'ha bisogno di tempo, &
di favore, desiderando io di restar raguagliato, di quanto hieri
fu discorso, d'intorno la mia profeßione.
      EUGENIO. Molti furono i parlamenti d'hieri, per la diversità
delle persone, che in questo luogo si ridussero, & tra le questioni
che vennero proposte, poche hebbero risolutione; si come fu del mo-
do del Dedicar i Libri, di cui, per favorirvi, si potrà dire qualche co-
sa, se però piace a Critone d'abbassar di novo l'orecchie, alla do-
mestichezza di questo soggetto.
      CRITONE. Non si dovemo maravigliare (M. Francesco) se

[2nd column:]

l'anime ragionevoli, portate d'alcuna grande affettione, habbia-
no virtù di alterar le cose, & farle obedienti a noi, poi che veg-
giamo una amichevole benevolentia esser potente d'impatronir
si della nostra volontà, che pur noi, tratti da ossequio amorevo-
le, intendiamo di tralusciar ogn'altro pensiero, per gradir all'
honestà del vostro desiderio.
      POR. Poi che non sò trovar parole atte a risponder a tanta cor-
tesia, l'uno, e l'altro ringratiando, come posso'l meglio, le pre-
garò a restar servite ad occupar l'arringo, poiche, loro mercè,
mi veggio habilitato à quello, ch'è mia intentione d'ascoltare.
      EUGENIO. Noi non siamo ambitiosi di spettatori, onde risol-
vetevi di far la parte vostra, o d'andarvene co'l buon mattino.
      CRITONE. Anzi, se vorrete partire, vi faremo legar'a guisa
di Proteo, fin a tanto che ci haverete dato que' responsi, che ca-
dono sotto la vostra cognitione.
      POR. Trattandosi in questo certame del mio beneficio, a gui-
sa di lettera muta, tra duo vocali interposta, mi sforzerò di ren-
dermi mansueta, & di farvi consonanza, come potro'l meglio,
sperando anco di dire molte cose in questo proposito, ispirato dal
valor de' vostri ragionamenti, se bene a guisa di Proteo, overo
di Sacerdotessa su'l tripode concitata, poco, o nulla di quelle hab-
bia ad intendere; cosi preso ardir dalla vostra cortesia, vengo a
pregarvi, di volermi far gratia d'epilogar quel tanto, c'hieri
s'hebbe a discorrere, d'intorno alla presente materia.
      EUGENIO.Quanto a me non so a pieno di raccordarlomi; par
mi bene che fosse proposto dal S. Conte Marco Verità, nel legger
un certo volume, a lui dedicato, se convenisse allo Stampatore,
o al Libraro far dono delle opere altrui, senza intendimento del
proprio autore, & che fosse concluso del nò. Incominciando poi
egli, come si dice, dall'ovo della siglia di Tindaro, & mostrando,
che'l dedicar altro non fosse, che consacrar cose, o parole in lode
de gli Dei, o de gli huomini, ci diede a conoscere come antica-
mente a tanti Numi favolosi, & mentiti furono inalzatti tem-
pi, ed altari, co'l qual proposito hebbe anco a riferir la cerimo-
nia solennißima, & sacrosanta, dove Salomone, nel dedicar il
Tempio di Gierusalemme, sacrificò ventidue mila boi, & cento,
e ventimila pecore.
      POR. Havrei caro di sapere a che proposito fosse nominato
[il sacrar



Chapter 1 Page 4



Della Dedicatione

il sacrar de Tempij, & c'habitano di comune co'l dedicar del-
le opere.
      EUGENIO. Vengono a corrispondere in rispetto della inscrittio-
ne, o titolo, del quale gli antichi fecero piu che mediocre capi-
tale, l'esepmio ancora è vivo di Batraco, e Sauro architet-
ti famosißimi, che alzarono il tempio d'Ottavio a loro spese, non
ricerandone altro emolumento, che l'incrittione; la quale es-
sendo loro degnata, vaframente usurparona, con la Ranocchia,
& In Lucertola, isculte, in conformità de' loro nomi, ne' capitel-
li di quella machina. Et Alessandro inteso che gli Efesij havea-
no eretto un tempio, piu magnifico, & sontuoso dell'arso da
Erostrato, dimando'l titolo di quello, & con le violenti preghie-
re l'otteneva, se Demade non li sacea rispondere, non convenirsi
al Dio Alessndro sacrar cosa alcuna a gli altri Dei, co' quali
tenena parità.
      POR. Mi rivocate alla memoria la manifesta ambitione di quel
Maestro Thomaso da Ravenna, che nel transito, che si fa da
Rialto, a San Marco trattiene i forastieri a rimirar in pro-
spettiva la sua statua del bronzo, locata sopra la porta d'una
Chiesa, & attorniata di libri, & di sferici stromenti, con tanta
maestà, che molti idioti le si inchinano; vi è poi un'elogio tanto
arricchito di titoli, che'l piu valoroso de'Regi Eraclidi, o della fa-
miglia Barchina, non vi potrebbe far corrispondendte paragone.
      EUG. Eccovi adunque, con buon' ordine, nominata la dedicatione
de tempij, con quella de'libri; ma'l rimembrar che fece quel no-
stro Podalirio la cerimonia del deificar, che usavano gli antichi,
mi parue bene fuor di stagione.
      POR. Fatemi di gratia partecipe di questo epißodio.
      EUG. Lo potrete vedere in Herodiano, che ciò narra diffusamen-
te; si come anco sono favoleggiati que' fette miracoli, che con
tanto suo stupore un amico hieri, facendo delle ciglia un semi-
circolo, giua dimostrando, fin che giunto alle piramidi d'Egit-
to, nell'affannarsi a rappresentarleci con voci d'architettura,
s'intricò in una certa parola, che la prima sillaba duplicava, &
dopo l'haver dato la collata a quella povera conclusione, hebbe
a suanire in quello atto faticoso, & ridicolo, ergendo apunto
una piramide di cachinatione, alla sua temerità; la qual cosi
tosto non dava luogo, se l'autorità del Conte Marcho, che riprese'l

[2nd column:]

ragionamento, non l'aquesava. Egli è necessario, dicea, pro-
metter alcune cose, prima che si venga a parlar della Dedica-
tione de Libri, accioche'l nostro dire, per tal difetto, non resti
confuso. Perchioche oltra i Tempi, ed altari s'ergevano Obelisci,
Statue, Iscrittioni, Sepolcri, Arme, Voti, Trofei, & altre dimo-
Striationi, a grado dell'humana & ambitiosa mortalità. Obe-
lisci sono alcune picciole piramidi, che nell'ascender s'assotti-
gliano, alla similitudine dei raggi solari, da gli Egittij ritrova-
ti, per conoscer il corso delle hore, con l'ombra di quelli; il che
persuase'l valgo a credere, che fossero consacrati al Sole, & ca-
gionò che s'inalzassero anco a grandezza smisurata, per vana
curiosità; overo, come vuole Aristotile, per levar ai sudditi
l'ocio, & la roba. Ma ai giorni i Prencipi di piu sano giu-
ditio, fanno scaturir le fontane nelle vie publiche, a beneficio
de'viandanti, & comparire nella Città gli acquedotti, per co-
modità del suo popolo. Trai Sepolchri, egregio fu quello della ver-
gine Policreta, che liberato Nasso, sua patria, & morta subito
per affascinamento di occhio invidioso, il publico gli inalzò son-
tuosißimo, & fu nominato il sepolcro del fascino. Euripide fe-
ce in modo Ulisse desideroso d'un tanto honore, che mostrò di di-
re, che non si risparmiarebbe dalla morte, quando va riguarde-
nole sepolchro, a sempiterno ricordo del nome suo, dirizzato li
fosse. Et perche ogn'uno ricco, & superbo voleva, con tal me-
zo rendersi memorabile alla posterità, fu vietato il far sepol-
cri, di maggior valore, che dieci operari, in tre giorni, potes-
sero compire. Nella Statue, tralascio le nobilißime, per estrema
diligenza de i loro artefici, & mi soviene quella ala Dea della
vergogna consacrata, per la verecondia di Penelope, mentre
taciturna si velò la faccia, nè volle per modestia dichiararsi di
andar sene co'l marito, ò di restar sene co'l padre: Et si come ri-
mase costei meritamente honorata, cosi all'opposito Quinto fu
dileggiato, per vanità manifesta, comparendo in una statua
maggior'al doppio, della sua persona; onde Cicerone volendo
la burla del f ratello, solea dire: "Quinto è di statura più gran-
de mezo, che tutto insieme." Ma più stravagante fu'l pensiero
di Stasicrate Architetto, che voleva rappresentar l'effigie di
Alessandro, co'l monte Ato, formandogli'l capo della cima del
monte, accioche sovrastasse alle nuvole, & facendo che co i pie-



Chapter 1 Page 5



Della Dedicatione

di bagnasse nel Mare, che con la mano destra sostentasse un [???]
indeficiente d'acque, & nella sinistra havesse un'ampia Cit-
tà. Di queste Roma s'hebbe in tanta copia, che fu detto, quella
haver generato un'altro popolo di pietra, si che Catone con no-
tabile, & modesta sentenza rifiutò questa maniera d'immor-
talità, come troppo copiosa, & famigliare; Et forse cagianò
il prohibire sotto gravissime pene, che alcuno non fosse isculto,
ò rittratto, se non meritava perpetua vita, per qualche sua me-
morevole, & incomparabile qualità. Trofei infiniti venivano
anco alzati, per segno di notabile vittoria, come fra Greci si leg-
ge di Tideo, & fra Romani di Fabio, & Domitio, che vinto gli
Allobrogi, dirizzarono i primi Trofei, non essendo per innanzi
que' popoli avezzi à rimproverar le lor vittorie à vinti.
      POR. Mi par d'haver inteso, che s'aviene che questi trofei s'invec-
chino, ò cadano, che più non vengono risarciti, ò di novo suspesi.
      EUG. La ragione loci persuade, accioche gli huomini valorosi,
veggendo la gloria smarrita, per le spoglie invecchiate, s'ac-
cingano con generose imprese, al rasquisto di novi Trofei; overo
perche le dimostrationi delle inimicitie, senza restauratione, de-
vonsi lasciar consumar del tempo.
      POR. Guidicava, che n'i giorni nostri le persone, ancorche deside-
rose di lungo grido, ne facessero poco capitale, & gli lasciassero
andar à dimenticanza, poiche ogni soldato, che per codardia
non haverà anco veduto'l campo nimico, se non come Priamo,
dalla cima della Torre, vole, che dopò la sua morte li sia carica-
to'l sepolcro d'insegne militari; Anzi nella vostra Città, in ca-
sa d'alcuni Lanaioli, ho veduto in pittura l'arme della famiglia
loro, sottentate da huomini Barbari, pregioni & legati con ca-
tene d'oro, intorniate da corsaletti, elmi, stocchi, scimitarre,
tronchi di lanze, & altri pregiati arnesi, cosi terrestri, come
maritimi; & dimandano io se vi furono soldati bellicosi, tra i
loro progenitori, mi risposero, che non sapevano, ma che'l
pittore seguia l'uso del presente secolo, & che i loro maggio-
ri nacquero in una contrada del Bergamasco. Le iscrittioni
anco si dedicarono in memoria de i notabili succeßi, come que-
la nel conflitto di Maratona, (di cui poco tempo ha si trovaro-
no alcuni fragmenti) dove diecimila Ateniesi, uccifero seicen-
so mila Persiani. Di nobilißima, & prima estimatione furono

[2nd column:]

Quelle due gran Colonne, lasciate de i sigluoli di Set, a i poste
vi, l'una di mattone, perche resistesse al fuco, l'altra di marmo,
accioche non fosse consumata dall'acqua, con caratteri, & sigu-
re d'animali, che davano ad intender la consumation del mon-
do, per acqua, e per foco; ma anco queste inscrittioni, sono sta-
te avilite da persone superbe, & di poco merito, come ben dice
l'Arnigio nostro, d'un suo Cittadino, ilquale essendo stato Po-
destà in un castello, per dar inditio de' suoi gran fatti, vi lasciò
un'elogio tale, che s'havesse domato gli Ongari, e i Boemi, de-
bellata la Turchia, tanto non meritava. Anniversarij del pu-
blico furono anco celebrati anticamente a quei Spartani, &
Ateniesi, che morivano, combattendo per la patria; & pochi
anni sono a monsignor di Lotrecco, come liberator di Roma,
funerali in quella città sontuosißimi & in perpetuo ordinati fu-
rono. Cosi i giochi publici, oltra gli Olimpici, Pitij, ed altri, in
lode de gli Dei, & per eternar la fama de gli huomin, veni-
vano instituiti, come a Palimone gli Istmij, & ad Archemore
gli Nemei; & certo questi apparati giocondi, rinfrescavano la
memoria di coloro, in honore de' quali erano celebrati; ma da-
poi che comparvero a grado della plebe, con pasteggiamenti, &
donativi, per dissegno d'alcuni ch'aspiravano alla Monarchia,
overo da Principi, tiranni, per mantenersi'l popolo benevolo,
anco questi dalle persone prudenti vennero in sospitione d'es-
ser piu tosto nontij d'occulto travaglio, che apportatori di ma-
nifesta consolatione.
      POR. Dove si lasciano le medaglie, tenute a i tempi d'hoggi a
guisa di reliquie sacre, & visitate poco men che con veneratio-
ne, dalle genti otiose, in tempo di pace, & in silentio di novità?
      EUG. Furono dedicate sotto'l nome, & effigie di Prencipi va-
lorosi, con occasione di vittorie, & con l'aßontione a gli impe-
rij; ma i posteri, sor se meglio considerando, fanno publico indi-
tio della loro autorità co'l conio delle monete.
      POR. A me piacciono piu le medaglie di metallo, per longa me-
moria delle persone ini dentro effigiate, che non fanno le mone-
te del presente secolo; percioche se sono buone, per la quantità
del peso, o per la qualità della lega, si ripongono; se sono catti-
ve, non si possono tramutare.
      EUG. Vennero coniati i denari, per la commodità che ne senti-



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Della Dedicatione

rano le genti ne i contratti, paregiandosi, con tal proportione, il
ricevuto co'l dato, & levandosi con ciò la difficultà de gli incon-
tri, che venivano nelle permutationi, quali si faceano secondo
le occorrenze, come sotto l'assedio di Troia, tra l'uno e l'altro
campo; & allhora i delinquenti erano condennati in pecore, e in
canalli, che nelle prime monete furono sculti, questi o simili ani-
mali, come ne i metalli de gli Ateniesi il bue, ordinato da Te-
seo, o per significar il toro di Maratona, o per il capitano di Mi-
nos, o per confortare, con tal dimostratione, i suoi cittadini a la-
vorar i campi.
      POR. Parmi per relatione di Plutarco, che gli Ateniesi impri-
messero la civetta nelle prime monete; onde i Samij, usando vil-
lania a i loro pregioni gli stamparono una civetta nella fronte,
havendo prima quei d'Atene, stampato loro una Samina, il
che pose in proverbio ad Aristofane, che'l popolo di Samo foße
molto letterato, ma se buono o rio sia quest'uso, a me non d'al-
core di sostener parte alcuna, che s'intendeßi di contradirgli,
mi bastarebbono que' trenta sicli, che furono in cagione, al tem-
po di Tiberio, del tradimento incomparabile; laudo bene gli an-
tichi in questo, che poco curando, per vana immortalità, d'im-
primer semedesmine denari, si compiacevano locarvi i nume-
ri, per dimostratione del peso, overo la forma d'alcuni anima-
li, fuggendo l'occasione che i nomi, & effigie loro venghino, in-
sieme con le monete (come a i giorni nostri) bruttati, percoßi,
tagliati, banditi, infusi, abbrugiati, & consumati; Onde gli
Imperatori Barbari, per fuggir l'occasione di non eßer vilipesi
da i sudditi, sogliono formar i conij, con caratteri, & biscie,
senz'altre figure, & con lettere; over ricami gli habitanti al
Mondo novo.
      EUG. Aquesto modo il sole ci bruttarebe nel fango, & le cose
sacre adoperate da gli huomini empij, ne gli incantesmi, per-
derebbano la loro divina facultà? Ma, ò là Critone, che vol dir il
tanto starnutare? questo è ben altro intermedio che'l canto de'
l'usignoli.
      POR. S'haveste raccolto il vestigio del piede del cavallo, & te-
neste memoria dove fu riposto, lo starnuto cessarebbe incon-
tinente.
      CRIT. Questi sono remedi anco per le singhiozzo, secondo

[2nd column:]

Plinio, ma parmi [???] sollevamento, l'esalatione de i
vapori ventosi, generati l'altr'hieri, da i raggi Solari, che mi
percotevano, quali non si possono risolver senza strepito, per la
stretteza dell'esito; onde della stravagante armonia incolpa-
tene la Natura, seguitando'l vostro ragionamento.
      EUG. Ho riferito in sostanza il trattato d'hieri, & se non vo-
lete tener superiorità, come signore dell'albergo, piacciavi di
darci ad intendere, quali opere si debbano dedicare.
      CRI. S'io miro alla corrottella, & a i succeßi de' nostri tempi su-
bito me ne ispedisco, dicendo, che le cose, che si stampano, tutte
si poßono dedicare, ma se considero con ragione quello che di-
sponevano gli antichi, mi converrà usar un poco di lunghezza.
Percioche que' primi, ch'appresero piena cognitione dell'arti,
& delle discipline, si contentarono d'insegnarle publicamente,
senza mercede, ne' Licei, nelle Accademie, honorandone la pa-
tria; ma non potendo ivi concorrere i Principi di que' secoli,
per la grandezza de gli affari, & per altri loro rispetti, ricer-
cavano per mezo della scrittura, d'eßer adornati di tali, & tan-
ti insegnamenti; & cosi i Maestri, & i Filosofi, composte l'Ope-
re, glie le inviavano: Havemo per esemplo Aristotele, ilquale,
cosi ricercato, donò i Libri della Retorica, & delle Ascoltationi
naturali ad Alessandro, & altri volumi à Teodette; & Plu-
tarco molto tempo dopò, le sue Morali à Traiano Imperatore.
      POR. Per haver incluso nel vostro ragionamento l'arti & le di-
scipline, sono posto in dubbio, se le Poesie si possano dedicare.
      CRI. Nè le Poesie, nè l'Historie, niuno de' buoni Scrittori anti-
chi dedicó à particolari, & credo, che ciò sia la ragione; percio-
che l'una, & l'altra di queste facultà contengono, ò sono imi-
tatrici delle attioni passate, memorevoli, & seruono publica-
mente alla posterità; Oltra che molti possono raccogliere gli an-
dati succeßi, di modo che vengono ad esser communi, per la co-
pia de gli scrittori, per beneficio del Mondo, & ad esaltatione,
& mantenimento della fama de gli huomini valorosi, & pru-
denti, ivi celebrati; che se le Poesie si donassero ad alcuno, che
per se tanto le riteneße (dichiarandonsi di quelle, che conten-
gono secondo i Platonici documenti, le lodi de gli Dij, ò de gli
Heroi) la fama de'loro autori, insieme con le opere, rimareb-
be, poco meno, che sepolta; Onde Hesiodo, & Virgilio fecero in-



Chapter 1 Page 7



Della dedicatione

torno cio esemplare distintione, publicando Hesiodo la Teoge-
nia, che tratta l’origine de gli Dei, senza inviarla ad alcuno,
& il Poema delle Opere, & de giorni donando à Perse suo fra-
tello; Cosi Virgilio, non dedicò l’Eneide, ma bene la Georgica à
Mecenate. Anzi, che nè Comedie, nè Tragedie si publicarono,
con simili ostentationi, essendo (com’io stimo) cosa incongrua
donar ad alcuno quello, che deve esser del popolo, defraudan-
dosi da se stesso il Poeta, di quello applauso, che poteva conse-
guir à pieno Teatro.
      POR. I professori d’Historie, & di Poesie per ordinario posseggo-
no pochi beni di fortuna, & si faticano a comporre, secondo i
loro genij, per cavar emolumento dalle dedicationi, onde s’ha-
veße luogo questa a vostra regola, bisognaria che s’applicassero a
miglior partito; Non è bene che la presente età ritorni ad habi-
tar ne’ conigli delle fiere, & a nutrirsi co’l cibo delle ghiande.
      CRIT. L’interesse vi conduce a gli estremi, secondo manifesta-
no le vostre parole.
      EUG. Egli non è dubbio, Critone, che si deve ammetter la vicißi-
tudine nelle cose, a guisa della Natura, che tramuta, con circo-
lo cambievole, gli elementi, l’uno nell’altro; & il supremo Ope-
fice al presente regge noi con diverso modo, che non facea ne’primi
secoli, chi allhora comparia personalmente ragionando con
gli huomini, & partecipando loro de’ suoi divini precetti, et hog-
gi governa con ispirationi, ammonitioni de’ suoi servi, con mira-
coli, et altri mezi, non cosi apieno intesi. Et certo averrebbe ad
evidente pregiuditio de’ Stampatori, se i virtuoso non fossero
alettati dalla speranza del benefitio, a porre sotto i torchi l’ope-
re loro; nè per me reputo questa vostra distintione cosi ragione-
vole, come cercate di farlami; che si poßono bene donar histo-
rie, & poesie a persone particolari, & con la facilità delle stam-
pe, far ch’ogn’uno ne partecipi a suo talento; anzi dal ritratto
che s’aspetta dalle Dedicationi, gli scrittori invigilano con mag-
gior diligenza, & vanno lambendo, alla similitudine del parto
dell’Orsa, le fatture loro, & tanto maggiormente, sapendo che
deveno farsi comuni; che se i vostri esempi facessero regola,
Homeo che fu a i tempi d’Hesiodo, non haverebbe titolato a
Creofilo Samio la Captività d’Echalia.
      CRIT. Tanto si crede di quest’opera, quanto della poesia Ci-

[2nd column:]

pria, che lo stesso Homero diede per dote ad una sua figliuola;
una come u’ho accennato di sopra, i libri che venivano donati
dell’ arti, & delle discipline, restavano appresso’l donatario, co-
me cose sue, nè l’autore, senza biasmo, piu oltra ne disponeva;
onde per tal cagione Alessandro rimproverò ad Aristotele (co-
me testificano le sue Lettere) d’haver manifestato que’ sermo-
ni, de’ quali egliera stato erudito, & per li quali soprastava a
gli altri di dottrina.
      EUG. Alessandro, oltra che ricompensò magnificamente Aristo-
tele, come esemplo di tiranno incomprabile, non pur era in-
tento ad occupar gli altrui regni, ma ad usurpare le vigilie, &
la fama de’ scrittori, suoi contemporanei, che quando foße stato
di poco grido, per sua riputatione, & per universal benefitio,
si sarebbe compiaciuto, che l’opere predette si publicaßero.
Adunque le discipline (sotto’l qual nome chiamo l’arti, & o-
gn'altro insegnamento) denno occultarsi, como facevano gli
Sciti Armeni i misteri delle lor finto deità? tutte le cose buone,
si come si desiderano, cosi debbono communicarsi; la Giustitia
vergine diventarebbe impudica, se non si sapeße, che’l suo pro-
prio è d’eßer casta, d’aspetto grave, & venerabile, d’aria rive-
rente, e maninconica, con ciò dimostrandosi le dosi convenevoli
al guisdicente; L’arti sono immateriali, over materiali, le prime
nobilißime, percioche fabricano gli stromenti alla ragione, co-
me la Dialettica, & la Retorica, tra le seconde illustrißima è la
Medicina, della quale tute le cose sono pedisique, che si prepa-
rano à beneficio del nutrimento, & delle humane commodità;
& il presente secolo sarebbe à partito strettißimo se dell’une, &
dell'altre facultà sopradette, non haveße cognitione per in ci-
vile parsimonia de’nostri precessori. Onde in proposito quelli
da i giorni d’hoggi, procedendo con liberale intentione, se a loro
viene alcun Libro dedicato, di qual si voglia scientia, degno del
commercio del mondo, se non è impresso, subito lo raccoman-
dano alle Stampe, con ciò non restando defraudato dell sue fa-
tiche l’autore di quello.
      CRIT. V’ho detto, che’l donare di que’ tempi, voleva, che l’ope-
re si convertissero ad uso particolare del donatario, esercitan-
do la liberalità sua il compositore (come dice Vulpiano) con ani-
mo, che la cosa data diventi subito di colui, che la riceve.



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Della Dedicatione

      EUG. Et io vi rispondo che tali succeßi furono dannosi, ma non
già incredibili à chiunque considera, che ne i medesmi secoli,
di continuo s’udivano, non pur emancipationi, ma i padri na-
turali alienavano le proprie geniture, mentr’erano nell’età del-
l’infantia, & della pueritia, quelle transferendo sotto l’altrui
podestà, & dominio; & si come a nostri giorni poche adottio-
ni vengono celebrate, per l’amore, & pietà individua, che
passa tra’l padre, e’l figliuolo; cosi per l’affettione c’hanno gli
scrittori a i proprij parti, rare sono l’opere, che assolutamente
si donino, dopo la morte de i Robortelli, e de i Sigonij, & d’An
gelo Politiano, che secondo alcuni, si pentì d’haver conceduto
il suo Morgante, a Luigi Pulci.
      POR. Et forse per rinfrancarsi rubò à Georgio, di Città di Ca-
stello, la Tradottione delle Historie d’Herodiano.
      EUG. Questo a noi poco importa; ma seguendo’l nostro dire, si
dedicano i libri, accioche la persona, a cui s’appoggiano, resti
honorata per tale antianità, non si levando per ciò l’autore la
padronia di quelli, che non li possa correggere, stampare, & ri-
stampare à voglia sua, senza che se ne possa, con ragione, ri-
chiamar il donatario.
      CRIT. Queste vostr’opere mi rassomigliano alla Materia pri-
ma, la quale soggiace ad ogni impronto, ò per meglio dire, alla
siglia d’Erisitone, ch’ogni giorno sotto nove forme si lasciava
vendere, per satiar l’esecranda fame dell’infelice padrei & cer-
to simili genti, che più volte riformano le cose loro, con ansie-
tà di guadagno, rimovendo i Titoli, & le Dedicationi, che pur
molti ne conosco hoggidì, che viuno, offendono non altramen-
te il corpo de’nobili virtuosi, di quello che far intendeva, Ari-
stione, Nabide, e Catilina, posteme nate nel ventre delle lo-
ro Città.
      POR. Levando la speme a i letterati di trattenersi co’l mezo del-
le proprie fatiche, & alle donne, & ad altri che non m’è lecito
di nominare, l’ambitione, il mondo se ne resterà neghitoso, co-
me naviglio in mare, privo dell’aiuto de’venti.
      CRIT. Non vorrei che un fine cosi nobile, di giouare, feße con-
vertito, per abuso dell’età presente, in mercantile.
      POR. Se à un tempo steßo s’honorano, & si beneficano le persone
a cui vengono l’opere dedicate, perche non è cosa convenevo-

[2nd column:]

le, che vì paßi la remuneratione? vogliamo noi forse attributir
a gli huomini, quello ch’è proprio di Dio? cio è di amare, & di
giouare senza utilità, nulla risultando gli l’amore, & l’oblatio-
ni delle creature rationali. I Virtuosi s’inalzano, & si pongo-
no in riputatione, per l’humanità, & cortesia de i prencipi, al-
la similitudine delle biade, che con l’aiuto de i raggi Solari, à
quali le scaldano, & le nudriscono, si veggono felicemente cre-
scere nelle seconde campagne.
      CRI. Anco loglio s’inalza egualmente con le biade, per benigni-
tà de i Cieli. Ma con che termine date nome di virtuoso al me-
canico? essendo la virtù un’habito dell’animo, c’ha già fatto
l’huomo perfetto, in tutte l’attioni morali, per il che non puote,
se non difficilmente, errare; E colui, che dedica i suoi Libri, con
intentione di tener mercato di quelli, si mostra più tosto cupido
di guadagno, che di virtù studioso, facendo errore à non sodis-
farsi del buon’animo, ma à ricercar il premio, ilquale è fuori
della natura del benefitio, & con ciò à condurre a partiti duris-
simi il donatario, che non è atto alla remuneratione, senza l’a-
iuto de i beni della fortuna.
      POR. Adunque, si come accennate, altro è la materia con cui si
beneficia, & altro è’l benefitio, dipendendo questa da lo stro-
mento, & quella dalla volontà; & ciò dico, perche non inton-
do, che si paghi l’animo beneficante, ma solo si ricomepnsi la co-
sa donata, con altra materia, corrispondente alla prima grati-
tudine. Prendiamo l’esemplo dal Giudice, che non publica la
Sentenza alle parti, nè l’Avocato presta’l patrocinio al Clien-
te, nè’l Medico soccorre l’infermo, senza sportula, salario, ò
mercede; & può essere, che tutti questi habbiano dispositione di
favorire; ma non resta perciò che non s’adoprino per via mer-
cantile; e’l mondo gli abbraccia, & gli honora; & i Letterati
di questo genere, sono posti in tal disavantaggio, che se fanno
benefitio ad alcuno, rendendo il nome di quelllo, immortale, il
qual nome si deve anteporre alle facultà, & al vivere, si mette
in disputa, se meritino per ciò d’esser ricompensati.
      CRI. Queste ragioni sono à proposito, ma non concludono, se
non come quelle pitture, che fanno il loro effetto da lontano, egli
non è dubbio, che differente è la materia, dal benefitio, ma nè
l’una, nè l’altro merita recognitione, se non risponde all vo-



Chapter 1 Page 9



Della Dedicatione

lontà di coluì, che dona, la dispositione di quello, che riceve, come
si fa, per non perder il possesso del fondo, l’elettione dell’Avo-
cato, & per ricuperar la sanità i ricordi del Medico. Quanto
poi, a quella immortalità, di cui fanno mercantia, questi nostri
Letterati, ui rispondo, ch’è cosa empia, ed incivile, il negare, che
la virtù, ad un certo modo, non sia partecipe della divinità; ma
il creder, ch’un’huomo habbia facultà di locar l’altro in cielo è
termine, non pur favoloso, ma meritevole di castigo, che sap-
piamo pure, che Anasagora fu posto pregione, & cacciato d’Ate-
ne Pitagora, per certi loro pensieri, sospetti di Religione.
      POR. Il nostro valore m’induce à credere quello, che non si con-
viene; ma poi che fete Signore della vittoria, per non lasciar-
mi confuso, fatemi gratta di sostentar anco le ragioni mie.
      CRI. Bastarebbe, ch’io foßi quel Causidico, che sapete; il quale
declamava le pretensioni dell’attore, con molta vehementia, &
quelle subito si sforzana di reprobare, con le difese del reo; la
potentia della verità, è quella che vi stringe, & non le parole
mie, le quali lodate, non per merito loro, ma per non cadere
della causa, che difendete; della quale faccio anco giudice Eu-
genio, se à vostro favore, non ha qualche intentione di con-
tradirmi.
      EUG. Mi ricercate più tosto per dubbio, ch’io mi volessi addor-
mentare, neggendomi appoggiato co’l cubito a questa seggia,
che per mestiero c’habbiate di Giudice, o di parte, pure sovenen-
domi alcune cose, in questo proposito, le vi dirò, più per diluci-
datione della verità, che spento da altro interessato pensiero. La
maggior meraviglia, anzi per cosi dire, il maggior miracolo,
che faccia la creatura ragionevole in questo mondo, è di can-
giar una cosa morta in un’altra viva, il che fanno gli huomi-
ni di lettere, rendendo quelli della medesma spetie, dopo morte,
à perpetuamente vivere; & si come fu tenuto obligo a coloro,
che dedicarono Colosi, & Piramidi, ad ostentation delle proprie
riccherze, & a mecanica demostration de gli artefici, quanto
maggiormente dobbiamo honorar que’Virtuosi, che si consacra-
no i nobilissimi parti dell’intelleto, & ci aprono, con grandissi-
ma purità d’affettione, le più riposte parti del cuore? la cui
offerta è la maggiore, & la più pregiata, che si possa far à Dio,
non che a gli huomini; & ad alcuni può cadere in pensiero d’af-

[2nd column:]

fermare, ch’un dono cosi degno, & incomparabile, non habbia
da conseguir premio, non voglio dir condegno à se steßo, che fo-
ra impoßibile, ma almen corrispondente in parte alle fortune di
colui, ch’è stato inalzato à tant’honore? e dubiterà di non ha-
ver à macchiar di perpetua nota il suo nome quel Prencipe, ò
quel Signore, che constituito da Dio quà giù dispensator delle
humane comodità, ò ricuserà del tutto, ò avaramente ricom-
penser à cosi eccellente, & cortese offerta, dell’altrui devotione,
la qual s’ha proposto per fine, non altro che l’eternità del suo no-
me? Nè voglio, che qui alcuno mi si opponga, con dire, che per
lo piu gli intelletti de gli huomini, non son tali, che poßano eter-
nar l’altrui virtù, con gli scritti loro; percioche se bene ciò ve-
ramente foße, & fosse anco conosciuto da lui; non deve per que-
sto restar di non mostrarsi cortese, verso l’altrui libera corte-
sia; poi ch’in ciò ha piu da riguardar alla volontà, che all’effet-
to. Si come non mi par giusta scusa quella, che ricordaste, di-
cendo, che spesso aviene, che le persone, contra la lor volontà,
& contra’l genio loro, siano quasi affrontati, da queste si fatte
Dedicationi; onde non denno rimunerare, chi lor mal grado,
vuol ficcar in grembo alla immortalità. Coteste sono fantasie
colorite, dall’avaritia de’ricchi Signori, i quali piu stimano
venti scudi, che ventimila anni di vita, al nome loro. Gioue al-
loghò pur la Capra, che li diè il latte, nel cielo, per insegnarci a
premiar chi ci fa benefitio? Niuno, quantunque minimo virtuo-
so, fu mai, che spregiaße gli honori, esterior premio di essa vir-
tù, & ogn’uno è tenuto à bramar la gloria del nome immorta-
le, conforme à quello, dicui siamo piu nobilmente informati.
Et se bene Pitagora, Anassagora, & Socrate furono puniti per
invidia, over per poca cognitione de’guidici di que’secoli, non
è per questo, che la principal honorata opinione di quei filosofi,
non prevaglia anco à tempi nostri, che voleva, per neceßità,
che le cose naturali obedissero alle divine, come à piu eccellenti
di loro. Che non meritò Virgilio, trasportando Augusto, & al-
tri suoi principali guerrieri dall’età passate alle presenti, & à
quelli c’hanno à venire? il quale anco sotto l’allegoria delle na-
vi, trasformate in Ninfe, con l’interceßione di Cibele, che come
madre de gli Dei, brama d’arricchir il cielo di tali, & tante ani-
me generose, volse que’ famosi Heroi locare nel congresso di



Chapter 1 Page 10



Della Dedicatione

beati. Si può dunque concludere, che grandißimo obligo hanno
gli huomini à coloro, che cosi degnamente gli esaltano; & che
le persone letterate con molta ragione spesso si dolgono, della te-
nacità di que’ tali, che essendo da loro alzati fin’ al cielo, si sde-
gnano alle volte di ringratiarli con parole, non che rimunerar-
li con fatti; senza considerare, che Iddio non indugia à far ven-
detta di quell ingratitudine, usata contra la virtù. Non con
altro pensiero lasciò scritto quel filosofo di Samo, che le anime
nostre transmigraßero da un corpo, all’altro, se non per darci
ad intendere, che dopo che siama estinti, gli scrittori ne ravvi-
vano, & trashumanano a quel modo, ch’a loro piace.
      POR. Parmi d’haver inteso, che Pitagora affermi, l’anima sua
essere stata nel corpo d’Euforbo Troiano, & che per ciò biasma-
va il sacrificio de gli animali, & il mangiar la carne loro, giu-
dicando, che le anime de’ brutti fossero le medesme, & d’una me-
desma natura, che sono quelle de gli huomini.
      EUG. Cosi finsero i filosofi gentili, & in particolare Timeo Lo-
crense, per ispaventar coloro, che non possono sospingersi alla
virtù, con le persuasioni; mostrando che conforme a gli habiti
loro ferini seranno relegati, ne’ corpi de gli animali; ma per se-
guir il nostro parlare, faranno passar l’anima dell’immemiore
de’ benefitij, nel corpo della Lonza, se per sorte gli haveranno
dedicato qualche opera, senza riceverne il riconoscimento; es-
sendo la Lonza fiera di poca memoria. Dante nel primo capi-
tolo della sua Comedia, si mostra impedito da costei, per signi-
ficarsi, che nel principio del suo poetare, fu turbato da persona
obliviosa de’ benefitij ricevuti.
      Et ecco, quasi al cominciar de l’etta,
            Una Lonza leggiera, e presta molto,
            Che di pel maculato era coverta;
      E non mi si partia dinanzi al volto,
            Anzi impediva tanto’l mio camino,
            Che fui per ritornar pin volte volto.

      Coloro ch’alimentano I virtuosi, cavano dalle minere, de’lo-
ro purgati ingegni, corone di gloria, & di fama immortale,
& danno ad usura all’eternità. Scipione Africano fu non meno
lodato per il valor dell’armi, che celebrato per la munificentia,
esercitata verso Ennio, che non pur li somministrò ogni co-

[2nd column:]

modità, mentre che visse; ma fece anco riporre il suo cadavere,
con pompose esequie, nel sepolcro, de gli Scipioni. Lisandro vi-
verà sempre tra le persone d’honorato grido, per la generosa
pietà, usata verso’l cadavere di Sofocle, che mentre assediava
Atene, fece tregua con quel popolo, accioche potessero fuori del-
la Città, pomposamente sepelire il loro poeta. Furono, & sono
ancora decantati gli Artasersi, i Tolomei, oltra i Luculli, e i
Mecenati, per esempio di gioconda liberalità verso i Letterati.
Poco durano l’imprese de gli huomini generosi, se non hanno
Poeta, ò Historico, che le ponga in stato di vita, & le traspor-
ti a’secoli futuri; come ben dice il Lirico latino in questo pro-
posito.
      Sono vissuti valorosi, avanti
            Del siglivolo d’Atreo, molti guerrieri;
            Ma tutti senza lagrime sepolti,
            Giacciono nel silentio de la notte,
            Perche non furo de’Poeti amici.

      CRI. La difficoltà nostra non versa intorno gli huomini scien-
tiati, & di grido, perche si dica, che non debbano esser favoriti;
ma si pone in dubbio, se quelli che dedicano l’opere, meritino per
neceßità la remuneratione, dal donatario.
      EUG. Non intendo che le Gratte, che sono vergini, le mi faccia-
te meretrici, sotto questa voce di neceßità; percio che quel Vir-
tuoso, da voi dianzi diffinito, non prenderà la fede su’l sepol-
cro di Iolao, nè cercherà mallevadore, nel presentar le sue fa-
tiche; nè meno si richiamerà al giudice, se bene l’averà somma-
to sopra un sasso, ò sotto un pruno d’ingratitudine; sotto la qual
nota abominevole resterà oppresso colui, che dißimula, che si
scorda, ò non dà la ricompensa, della ricevuta cortesia; essen-
do le Gratie avinchiate insieme, per dimostrarci la scambievo-
lezza de i benefitij, nè questo passa in cagione d’esempio novo,
poscia che Aristotele hebbe amplißime recognitioni da Alessan-
dro, Tucidide da gli Ateniesi, Euripide da i Re Macedoni, Pra-
si da Nerone, per l’historia di Dite Candiano; & Oppiano da
Severo Imperatore tanti denari d’oro, quanti furono i versi,
nell'opera sua contenuti.
      CRI. Molti si reputano d’esser honorati, & riconosciuti da quel-
li, che per nobiltà, o per potentia sono di manco stima di loro,



Chapter 1 Page 11



Della Dedicatione

in conformità de gli antichi, che volevano che le cose de’ mino-
ri si concedessero a’ maggiori, incominciando da Dio, & discen-
dendo gradualmente, fin’ alle bestie; Onde se costoro ricevono
qualche’ cosa, in via di gratitudine, basta, secondo la loro vana
intentione, di dannar la partita, & cancellar il debito, senza
defraudar, co’l guiderdone, i presenti privilegi; & rimangono
non altramente obligati a i virtuosi, di quello restiamo noi te-
nuti a i fiumi, che ci conducono, overo a gli alberi, sotto le cui
frondi, per nostro benefitio, sovente ci ricoveriamo.
      EUG. Privilegi, notati sopra’l cuoio della loro temerità, non si
raccordando costoro, che Iddio secca le radici delle genti super-
be; il debito del superiore è di mantenersi in stato di magnifi-
cenza, donando all’inferiore, nè volere che l’ignoranza poten-
te, domini la scientia, separata dalle richezze: si come tutto
giorno si veggono usurpati posseßi.
      CRI. Non sono d’animo cosi retirato, & severo, che non mi piac-
cia risponder con qualche segno d’amore à chiunque mi benefi-
ca; ma non mi par anco di cadere sotto nome d’ingrato, ogni
volta che non dia premio a colui, che mi pone addosso un benefi-
tio, senza che lo sappi, & che sapendolo, accettato non l’havrei;
che facendo secondo alcuni di poco spirito, mi conviene render
per via d’una certa erubescentia, pui di quello, c’ho ricevuto,
& rimaner confederato, & amico di chi mi dona; non conside-
rando che l’amicitia è cosa sacra, & religiosa, che non si deve
cosi agevolmente stringere, sotto l’altrui elettione, senza con-
senso proprio; & dove non può haver luogo quella similitudine,
ch’è madre della benevolentia, & della famigliarità, seguia-
mo l’esempio dell’agricoltore, che per la disparità sterpa le spi-
ne, e i rovi che ritrova congiungersi alle olive, & alle viti. Ver-
rà dunque uno scrittore di quelli, che sono avezzi à vivere come
fanno gli angelli di rapina, a presentarmi alcuno suo scarta-
faccio, & io farò cosi primo del mio naturale arbitrio, che facen-
do violenza à me stesso, & alla legge dell’amicitia, lo riconosce-
rò con doni, & gli resterò amico?
      EUG. Secondo gli Autori, & l’opere si deve incaminare; che sap-
piamo bene, che Cherillo scrivendo l’imprese d’Alessandro, fu
premato de lui, perche tacesse. Ma fin’hora siamo scorsi con-
forme all’ordine della Natura, che sempre incomincia dal con-

[2nd column:]

fuso, & dal generale, & discende nel distinto, & particolare.
      CRI. Le scritture, che si dedicano, vogliono, per mio giuditio,
rassomigliar al vitello, che gli Aßirij sacrificavano; il quale do-
vena andar senza fuga, non esser d’altrui, & haver l’incontro
del Sacerdote, altramente non placava. Ma perche veggio’l
ministro del nostro Monsignore che viene ad invitarci al sarci-
fitio della Messa, farà bene differir dopò la celebration di quel-
la, il presente ragionamento.
      EUG. Poiche cosi vi piace, inviamoci verso la Chiesa.


      MEntre (Illustre Signor MASSIMIGLIANO) ritorna-
vano queste honorati Gentilhuomini al Giardino, furono
sopragiunti dal Sig. MARCO Marcobruno, & del Signor BO-
NIFATIO Maggio, l’uno adornato di prudenza, & di perspica-
ce ingegno; l’altro d’affabilità, & di riposati costumi: li quali,
ancorche venißero per consulto d’un travaglioso accidente cri-
minale, pur senza far altro moto, dimandarono d’esser audito-
ri del resto di quel ragionamento, del qual havevano havuto
qualche sentore; & subito, che per loro furono apprestate le seg-
gie, in questo modo Critone si fece ascoltare.
      CRI. Vi sete fermato Eugenio, oßervando in ogni sua parte quel-
la figura di San Girolamo, che bastarebbe non conosceste la ma-
niera dell’eccellente artefice, che le ha dato l’eßere.
      EUG. Io m’arrecherei non meno à difetto il non haver pratica
dell’aria (per cosi dire) delle Pitture del Sig. Felice, di quello,
che fu riputato a mancamento à Temistocle, il non sapere, con
misura, toccar la cetera; ma oltra a haver considerato nell’opera
la spiritosa maestà, mi sono trattenuto intorno quel capello pur-
pureo, sovenendomi come Pietro Meßia (non senza temeraria
libertà) chiama cosa ridicola, esser adornato di tali riguarde-
voli panni, quel beato Dottore; poscia che nacque molto tem-
po prima, che da Papa Innocentio, fossero insigniti di quelli
habiti i Cardinali.
      CRI. Visse pure, questo Sant’huomo, sotto Papa Innocentio?
      EUG. Egli è’l vero, ma sotto il primo di questo nome, e’l quarto



Chapter 1 Page 12


fu quello, ch’io dico; onde la distanza versa intorno ad ottocen-
to anni.
      CRI. Non vorrei oppomi all’autorità di quel giuditioso Pitto-
re, ma per chiarezza della verità, dirò che’l pensiero di colui si
puote in buona parte sostenere, eßendo, che il trascorso de’ tem-
pi intorno al ragionare, & a gli habiti, cade sotto riprension ma-
nifesta, nel primo caso si tassa Plauto, facendo giurar per lo nu-
me di Hercole, in quella Comedia, nella quale Alcmena restò
gravida, & poscia, nel tempo destinato, partorì Hercole. Nel
ragionare, & ne gli habiti, peccarono a i giorni nostri alcuni
rappresentatori della crudeltà di Medea in Corinto, per non ha-
ver l’idioma Greco, nè la similitudine delle vestimenta, ch’usa-
va quella Città, sotto l’imperio di Creonte.
      EUG. Plauto fece far quel giuramento a Sofia, che non era In-
dovino, trattando di cosa, che dovena avenire; ma non fu tan-
to biasmato Sofocle, se bene fece correre ne’ giochi le Carrette,
al tempo d’Horeste, che s’usavano solamente ne’ giorni di quel
Poeta; cosi’l Pittore, c’ha notitia de’ panni Cardinaleschi, per
dar meglio a conoscere l’effigie die S. Girolamo ha fatto bene a
guarnirlo di quelle insegne, che portato haverebbe a’nostri gior-
ni, se fosse vivuto, per adornamento corrispondente a quella il-
lustrißima dignità. Quanto alla Favola di Medea, sapete, che
l’offitio del Poeta è di giouare, e di dilettare; ma s’egli, od altri
rappresentaßero una Tragedia con lingua, & habiti, che non
cadessero sotto l’intelligenza de’ spettatori, come ottenerebbono
tal fine? il Pittore adunque, ch’è Poeta muto all’udito, ma di
buon discorso al senso dell’occhio, allhora apporta giouamento,
e diletto, che ci fa leggere co’l lume esteriore, & interiore le sue
Poesie, adoperando ogni studio, per darleci ad intendere; il che
non sogliono far molti Scrittori, che in vece di giocondo utile,
recano dispiacevol noia, abbellendo con amplißimi panni, e ri-
guardevoli i loro volumi, à similitudine d’un’herba vile, pian-
tata in un vaso d’oro, & promettendo più al di fuori, nella
fronte del Libro, con l’inscrittioni, di quello, che per entro’l cor-
po si contiene; si come appare ne’Mondi, nelle Zucche, & in
altri cherebezzi d’un certo impiastra carte; ciò facendo, per
cavar dalle cose, che dedicano, più emolumento di quello, che
l’opere non meritano; come bene ci farà conoscere Critone, sot-

[2nd column:]

to la forma del Vitello, destinato al sacrificio.
      CRI. A me pare, che’l Sole sia in modo inalzato, che nello spa-
tio d’un’hora farà di mestieri abbandonar il cibo dell’animo,
per dar al corpo il convenevole nutrimento; però si potrebbe
trasportar ad altro giorno il presente Discorso.
      EUG. E che volemo in questo poco di tempo, che ci avanza, ve-
nir condennati nella pena dell’otio?
      POR. S’è vero, che ne’principi delle amicitie, non si soglia ne-
gare, qualunque honesto favore l’amico desideri, io che novel-
lamente vi sono fatto amicißimo Servitore, vi prego con tutto
l’animo, a voler gradire il Sig. Eugenio, & me, dando compi
mento alla proposta materia.
      CRI. Poi che cosi torna à commodo dell’uno, e dell’altro vi dirò,
seguendo’l tralasciato ragionamento, che i Libri, che si Dedica-
no vogliono somigliar al Vitello, ch’eleggevano i Gentili per ho-
locausto, il quale prima (com’havete inteso) andava senza fu-
ga; cosi l’opere non devono fuggir dalle mani de’loro Autori,
per vittimarsi sotto le Stampe, se non si conoscerà intepidito
l’amor paterno, come vuol Quintiliano; & con lo spatio de gli
anni, destinati dal Lirico Venusino, non saranno vedute, confide-
te, et riformate, seguendo le vestigia della Natura, che non man-
da fuori il parto, se prima l’animale non ha conceputo, & por-
tatolo il debito tempo nel ventre; overo imitando quelle donne
gravide, che purgandosi fanno i fanciulli gentili, per la legge-
rezza della materia; essendo permesso ad ogn’uno, dapoi che so-
no fatte publiche, à dire, & à scrivere quello, che ne sente: on-
de Virgilio per fuggir i morsi de i Zoili, de i Macrobi, e d’altri
non havendo potuto soccorrere con l’ultima mano i suoi volu-
mi, ordinò, che fossero consacrati à Vulcano; & all’incontro Lo-
dovico Dolce, per troppa fretta di manifestar le sue Metamor-
fosi, non potè fuggir l’agre riprensioni di Girolamo Ruscelli; nè
lo Sperone, quelle (come alcuni vogliono) del Giraldi.
      POR. Costoro si ponno assomigliar alle mosche, ch’abbandonano
ogni parte sana dell’animale, per fermarsi sopra qualche piaga
di quello, per farla maggiore, co i continui morsi; si che tali ma-
ledicenze, à mio guiditio, devono star lontane da gli huomini
virtuosi.
      CRI. Non poßo in ciò assolutamente consentirvi; percioche (di-



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Della Dedicatione

temi di gratia) se nel ricever una moneta d’oro, o d’argento di
baßa lega, overo falsificata, alcuno ve ne avisasse, lo guidi-
careste maligno?
      POR. Anzi l’havrei per leale, & amico.
      CRI. E s’un altro vi porta davanti scientia adulterata, over
scaturita da rintuzzato ingegno, & ne fiate certificato, ne vor-
rete forse male à colui, che v’haverà dato il ricordo? egli è be-
ne, non già per proprio intereße, ma per universal benefitio, ful-
minar la troppa temerità de i Fetonti, e tarpar i vanni, e l’ar-
dire de i novelli Icari; che se la legge dal divino Platone fosse
considerata da i moderatori de i nostri appetiti, niuna composi-
tione privata, ò publica pervenirebbe alla chiarezza del mon-
do, s’ella non fosse prima da i censori, à ciò eletti, esaminata,
& da loro fatta testimonianza a della bontà di quella; il qual or-
dine si trova capitolato nella nobilißima Accademia de’ Filar-
monici. Non ischiviamo l’esempio dell’agricoltore, il qual fatto
l’acervo del formento, prima che lo communichi alla terra, lo
travaglia, & separa dalla zizania, dalla veccia, e da ogn’altra
inutile semenza; cosi noi, preparato un cumulo di quella facol-
tà, di cui intendiamo di ragionare, prima che la publichiamo al
mondo, dovemo co’l cribro dell’arte, imitatione, & esercitatio-
ne disporla, con giudicio, in modo, che resti purgata, & netta
d’ogni superfluità, & menzogna; onde istimandosi, che l’opera,
à questo modo composta, eternamente viva, si fa anco giuditio,
che vi rimanga quel personaggio, à cui ella è dedicata, e che re-
sti il nome di lui eternamente celebrato. E chi non ha tempo di
riveder le cose sue, per non manifestar l’occulta ignoranza, e l’o-
bliqua dispositione, imiti l’Imperator Augusto, che cancellò, &
fecer morir sulla spugna il suo Aiace; perche Sofocle, & altri
Poeti Tragici gli erano stati superiori, in quel soggetto.
      EUG. Credeva, che voleste ricordar l’Imperator Federico, in occa-
sion d’un libro non finito, & a lui in tal modo dedicato.
      CRI. Non sò di ritenere alcuna sua operatione, in questa ma-
teria; ma resterò favorito, se vi dà’l core di raccontarlami.
      EUG. Georgio Merula compose alcune Coorti, & ale, con l’impe-
to dellequali intendeva di fracassar le Centurie del Politiano,
ma da morte interrotto, non hebbero il desiderato compimento;
cosi, quali si trovarono, uno Stampatore le pose in luce, sotto’l

[2nd column:]

patrocinio di quello Imperatore; il quale, dopo haverle con dili-
genza considerate, le gittò fuori d’una fenestra, dicendo, che se
fosse condesceso à premiar colui, che senza giuditio, l’havea piu
tosto fastidito, che apportatogli favore, che con tal dimostra-
tione veniva adinvitar la ciurma de gli idioti, à porgli di con-
tinuo pastura, di grosso nutrimento.
      CRI. Voi m’havete rivocato alla memoria questo successo di fa-
volosa meraviglia, che, sotto allegoria, lasciò scritto Stefano
d’Argentina, nel libro suo di varij epigrami.
      EUG. Che cosa dic’egli in questo proposito?
      CRI. Riferisce, che quello Stampatore dimandò à lui, à Georgio
Valla, & à Demetrio Calcondile, che cosa si poteva promettere
da quella Dedicatione; e ch’uno di loro le riposte, che l’Impera-
tore getterebbe’l libro, senza rimunerarlo; l’altro che lo squar-
ciarebbe; & il terzo che lo potria affogare; Eche Federico, nel
trarlo dal balcone, dov’era, sopra’l Danubio in Vienna, sterpò
fuori la Dedicatione, che cadè, co’l libro nel fiume, & così re-
sto gettato, squarciato, & dall’onde suffocato.
      EUG. Siate destro con gli amici, in queste dubbie relationi, per-
che la Verità, essendo giovane delicata, e pudica corre in peri-
colo dell’honore, non solamente alterandosi, ma nello stato suo
restando, quando cose vere si raccontano, alquanto lontane dal-
la comune credenza; mi piace bene c’habbiate luogo da difen-
dervi, con la rassomiglianza del responso di quella femina, che
volse tentar diversi oracoli. Ma perche si sà da gli osservatori
delle attioni passate, che i Prencipi operano per ordinario diver-
samente di quello, che mostrano al di fuori, si può far guiditio,
nel presente caso, che l’intentione dell’Imperatore fosse di non
ricompensar colui, non per difetto dell’opera, ma piu tosto, per-
ch’egli non era nè autore, nè legitimo padrone di quella.
      POR. Adunque uno che non sarà compositore d’una fatica, non
havrà padronia di dedicarla? mi raccordo pur d’haver vedu-
to l’historia di Darete Frigio, dedicata da Cornelio Nepote à
Salustio, & i Volumi di Ditte Candiano, donati da Prasi, à
Nerone.
      CRI. Cornelio fece dono della sua traduttione, & Prasi, Signo-
re di Gnosso, havendo ritrovato l’opere di Ditte notate in scor-
za di tiglia, per benefitio del terremotto, l’inviò à Nerone, à



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Della Dedicatione

guisa c’haverebbe fatto un tesoro, ritrovato ne’ suoi campi. Ma
dapoi ch’entriamo in questo proposito, ritorneremo alla seconda
qualità del Vitello, ch’essendo d’altrui, non è atto à placare, e
diremo, che doveria bastare al padron de’ libri, d’haverli dedi-
cati ò donati una volta tanto, per fuggir le confusioni, che so-
pra di ciò possono occorrere, e che sono avenute, ne’ tempi an-
dati. Credo dunque, che vi sia noto, come dopo la morte d’A-
lessandro, il Magno, che fu circa gli anni del mondo tremila
settecento, e quaranta, occupò il regno d’Egitto Tolomeo, il
primo, e dopò il minor suo figliulo li successe nel nome, e nello sta-
to; il qual per restar eternamente glorioso, sotto la cura di De-
metrio Falereo, fece raccogiere un’amplißima libraria, non
perdonando à spesa, per ragunari quanti volumi ritrovati si
fossero, in qual si voglia facultà
      POR. Se questi fa quel Tolomeo, cognominato Filadelfo, mi
meraviglio, come tenendo appresso di se molti Letterati, con
defalcatione della sua grandezza, richiedesse Eleazaro Ponte-
fice, che li mandasse quelli interpreti, che sappiamo, per tra-
durre le leggi, & historie Hebraiche, nell’idioma Greco.
      CRI. Avenne per haver ancor fresco l’esempio di Teopompo, e
di Teodette, de’ quali il primo per trammettere nella sua histo-
ria alcuni succeßi de gli Hebrei, diventò frenetico; & il secon-
do, per voler rappresentar in Tragedia misteri, conformi à quel-
li, ch’usavano i sacerdoti in Gierosolima, si ritrovò cieco, &
ambidue riconoscendo il proprio errore, e chiedendone perdo-
no a Dio, ricuperarono la sanità. Hor’in proposito, nel medes-
mo tempo il Re Attalo, emulo della futura gloria del rege Ales-
sandrino, con prezzo si può dire inestimabile, faceva anch’egli
ridurre in Pergamo, quella maggior quantità di libri, che da
suoi commeßi venia fatto di ritrovare, il che cagionò i titoli
falsificati, cosa che non era avenuta per adietro, se si deve pre-
star fede a Galeno, ne’libri d’Hippocrate, dove tratta della Na-
tura humana.
      POR. Apportava forse commodo à i contrahenti la mutation
de’ titoli?
      CRI. Non indifferentemente, ma bene à i venditori, i quali dal
le opere de gli antichi migliori, ch’erano in riputatione, cava-
vano grosso emolumento; onde sotto nome di quei filosofi di gri-

[2nd column:]

do, che furono prima d’Aristotile, molte fatiche vennero collo-
cate, come a Talete, Anasimandro, Anasimene, Anasagora, Pi-
tagora, & altri; poi ad Aristotile, piu di quattrocento volumi,
ch’erano d’altrui, furono aßignati.
      EUG. Come può essercio, se i libri di questo filosofo, si ritrova-
rono con quelli di Teofrasto, poco prima che Silla prendesse Ate-
ne, al tempo di Tolomeo Sotero, che fu l’ottavo Re d’Egitto, &
il Filadelfo, ch’instituì la libraria, il secondo?
      CRI. Il volumi d’Aristotile restarono à Teofrasto, à cui successe
Neleo, ilqual vendette tutta la libraria al Filadelfo, secondo
l'autorità d’Atene; ma alcuni vogliono, che ne lasciaße un’es-
semplare à successori, che tennero sepolti per longhezza d’an-
ni, fin tanto che i Nepoti loro, invitati dal largo premio d’Apel-
liconte Teio, glie ci manifestarono, e concessero come si stava-
no, dalle tignuole, e dall’humidità consumati. Hora la concor-
renza di questi due Rè l’uno d’Asia, e l’altro d’Egitto, nel rac-
coglier libri à grandißimo prezzo, cagionò l’imposture, e le sup-
positioni dell’opere, ch’incaminar solevano per la strada dell’ho-
nore, e restò poi ne’successori impresso questo carattere, di de-
dicar le fatiche loro, & anche quelle d’altrui con speranza di
guadagno; E si come i mercenari di que’tempi nel defraudar
i propri autori, levando i titoli, & il nome di quelli, cagionaro-
no tali e tante confusioni, che sono posti in dubbio i libri com-
posti d’Aristotile, di Teofrasto, d’Hippocrate, e d’altri famosi
scrittori; cosi à giorni nostri i dedicatori dell’altrui fatiche, non
pur fanno carico a’padroni di quelle, ma nell’usurpar la roba
altrui, contra la volontà del suo possessore, commettono latro-
cinio, sopra di che sono nate Apologie, & altri manifesti risen-
timenti.
      EUG. Appunto mi ritrovai in Roma, pochi anni sono, quando il
Cardinal da Este fece rinuntia publica d’una Dedicatione, à
lui dirizzata, percioche un Sanese andava diffamando, che
quell’opera li ven dianzi furata, e sopra di questo passarono,
& forse passano molte contese, & in modo tale, ch’essendo fa-
stidito il Cavalier Sperone, mentre di ciò si discorreva, innan-
zi à quell’amplißimo Cardinale, diße, con motto cagionato dal
la solita sua alteratione, Costoro contendono à gara di chi de-
ve hereditar la ghiandussa, e con tai parole disciolse in riso quel



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Della Dedicatione

nobilißimo congresso. Non meno tra’l Giraldi; e’l Pigna sono
passate discordie mortali sopra quel trattato del comporre i
Romanzi, volendo ogn’uno di loro l’antianità dell’inventione.
E pochi mesi sono, ch’un galant’huomo, raccolto da gli amici cer-
te poetiche frenesie, le dedicò ad uno che non sò se meriti più il
nome di prodigo, che di forsennato, il qual informatiosi che l’au-
tore non faceva tal profeßione, non intendeva di rimunerarla;
ma essendo gli inter detti alcuni danari dall’istesso dedicante, co-
me quello che pretendeva d’essere ad ogni modo sodisfatto, il pu-
silhuomo per uscir di quel zimbelle l’acquetò con quindici scu-
di, & gli steßi fogli essendo presentati dallo Stampatore al Si-
gnor Antonio Nichesuola, disse verso di lui, havendo di quello
abrodietto qualche sentore. Quid novi affert Africa?
      POR. Di gratia riducetemi alla memoria le virtù di questo pro-
verbio? e che cosa voleva inferir quel gentilhuomo.
      EUG. Che come nell’Africa diversi animali congregati, per ca-
restia dell’acque, una spetie habitando con l’altra, generano
mostri; cosi colui, raccolte diverse poesie, per inopia di danari,
quelle tra loro interferendo havea generato una mostruosa com-
positione: Et il peggio è di voi altri Stampatori, che tosto che usci-
to un libro vendibile, non pure lo ristampate, ma levandogli la
Dedicatoria per cavarme doppia rendita l’appoggiate à nuovo
personaggio, e la corruttela di questi furti hà hoggimai preso
tal possesso, che anco quelli, che vi tengono interesse la lasciano
passar sotto silentio; come può haver quel medico Bolognese,
che posto insieme un Compendio de’ cibi, & quello dedicato al-
l’Altezza del Duca di Mantoua, l’hà potuto vedere dopo certi
mesi, sotto la protettione d’un principale di questa Città.
      POR. Anche Lonardo Aretino, che non fu impressore, secondo
l’autorità di Cristoforo Persona levò il nome da Procopio, che
tratta l’Historia de Gothi, e tale opera dedicò per sua al Cardi-
nale Giuliano Cesarini, che fu peggio, che cangiar una dedi-
catoria. Prendiamo l’esempio da quelli, che sanno più di noi,
che non m’è lecito nominare, che stampati i libri gl’inviano à
qualche persona, che stimano liberale, nè riuscendogli alla pro-
va, squarciano quella lettera, e ne rimettono un’altra, ò più fin
à tanto ch’incontrano in soggetto, che risponda effettualmente
la desiderio loro; nè contenti di questo, da indi à poche giornate

[2nd column:]

ristampano detti volumi, e di nuovo gli appoggiano, per cavar-
ne emolumento, come appare nel Dioscoride del Mattioli, più
volte dedicato; se bene nelle prime editioni fu magnificamente
riconosciuto.
      CRI. Vi sò dir che la commodità di queste stampe non è stata men
di danno al mondo di quello che sono le machine, che s’adoprano
col mezo del zolfo, e del salnitro, essendo l’une à depopulation
de’ corpi, e l’altre à perdition de begli ingegni.
      POR. Vi veggio occupare un malagevole paradosso, nè sò come lo
potrete sostenere.
      CRI. Spogliatevi d’interesse, e considerate, che tutte le scritture,
che sono uscite alla luce de gli huomini, dopo l’uno delle stampe,
che pur sono infinite, non apportano tanto benefitio al mondo,
quanto la metà dell’opere d’Aristotile; ma all’incontro poi sono di
tanta, e tale confusione à gli studiosi, che non meno corrompono
il cervello, per la loro quantità, di quello suole guastar lo stoma-
co la diversità de’ cibi. Sappiamo che anticamente le persone di
commoda fortuna, e di fertilità d’ingegno, con la spesa de i buo-
ni libri, e con le contemplationi dell’eterne cose, alzati sopra la na-
tura de mortali, come Stesicoro, e Pindaro, levarono il timore à
nostri precessori, c’havevano, ch’i fulmini non ascendessero tutta
la terra, ò i terremoti non l’inghiottissero; ma che dicono questi
moderni, che non sia stato conosciuto da’ loro maggiori? tanta è la
poca fatica, e la facilità c’hanno di mostrari dotti, e di manife-
starsi tali, per la copia de i libri, et per l’abondanza delle stampe, che
sono non pur di poca aspettatione, ma fanno cessar anco i premi,
che si davano a gli huomini letterati. Ho sentito più volte dire al
Signor Flamminio Borghetti, che quest’arte hà molto di comune
con l’archimia, nè ve ne marvigliare, poiche l’una promette à i
semplici di tramutare il piombo in oro, et vi fa consumar gli oc-
chi, e le facoltà; e l’altra dà ad intendere à gli ambitiosi, che’l no-
me lor diventi immortale, e resta poi sù i banchi Lordato dalle mo-
sche, fin à tanto che qualche Lardaiola, per le sue bisogna, viene
à cavarlo di stente.
      POR. Non son’atto ad oppormi alle vostre ragioni, ma dico bene,
che si come da uno medesmo fiore si cava il dolce, e l’amaro, che il
ragno vi general il veleno, & la pecchia il male, cosi Giovanni da
Magontia con l’inventione delle stampe, può haver cagionato buo-



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Della Dedicatione

ni, ecattini effetti, secondo la bontà ò la malicia di quelli, che se ne
sono serviti. Questa ha pur levato la fatica dello scrivere? e po-
sto ogni forte di volume in abondanza? & cosi sono i libri molti-
plicati, che se mentre fiorina la lingua Latina, quest’arte fosse sta-
ta in uso, non sarebbe forse smarrita la Republica di Cicerone, il li-
bri di Polibio, e parte delle Deche di Livio, con altri infiniti volu-
mi, di cui si trovano appena alcuni fragmenti, & il nome de loro
autori, poco mero o ch’incerto. Basterebbe che i ricchi letterati fos-
sero come gli avidi usurari, c’hanno à male che moltiplichi la bia-
da, o che ne sia condotta da paesi alieni. A me pare che se u’è al-
cun danno, ch’egli soprasti à quelli appunto, che dedican l’opere,
perche prima le mandavano fuori di propria mano, & hora con
spesa gagliarda le fanno comparere; come bene diciò si doleva Ber-
nardin Corio, per haver con grave danno delle sue facoltà, fatto
imprimer l’historie da lui composte, & anche Agostin Giustinia-
no da Genova, che volse tener occupate le stampe, col vecchio, e
nuovo testamento, rinovato nell’Idioma Hebraico, Greco, e Cal-
deo, per cui ingombrò tutta la casa di carte, e scemò il meglio de’
beni paterni, che pur molti ne possedeva, e poco concorso hebbero
que’ volumi, eleggieri furono le rendite delle dedicationi.
      CRI. In somma i libri dati à vilißimo pretio sono occasione, che
molti, che dovriano attendere alla zappa, e seguir le vestigia de’pa-
dri loro, ardiscano con ogni stravagante maniera, nutrirsi con la
penna, nè potendo arrivar à gli ampleßi della casta Penelope, di-
vengono proci delle serve, e spesati da qualche Stampatore fanno
correre à gara l’opere à fiaccar il collo ne’ strettoi, & à restar suf-
focati nel fumo della ragia; e mutando i titoli, e’l nome de gli Au-
tori, dedicano le fatiche altrui, come appar delle Epistole di Se-
neca, stampate sotto il nome d’un traduttore, che mai non hebbe
cognition della lingua latina, e pur le leggi comuni, e molt’altre
municipiali vogliono, che i furti, di qual si voglia maniera, non
paßino senza castigo; com’anco il donare una cosa medesma à
più persone, secondo che disopra dicevamo, può alle volte fra i do-
natari far nascer qualche disparere. Havemo l’essempio nell’hi-
storie di Gio. Villani, che per uno stesso cane donato à gli ambascia-
dori Fiorentini, & à quei di Pisa, trà quelle due Città passarono
lunghe, e sanguinose guerre. Anderavnno anche questi giontatori
vagando per ogni Città, e presentando à diversi una medesima

[2nd column:]

lettura, nè eßendo rimunerati offenderanno di parole, & anche
di peggio le persone, à cui haveranno mostrato tal segno d’affettio-
ne, si come avvenne in Bologna, che mentre Carlo Quinto Impe-
radore creava Cavalieri, uno staffiere fu spinto tanto avanti, che
per isbrizarsi fuori della calca, s’inginocchiò sotto il baldacchi-
no di quella Sacra Maestà, e prese il grado cavaleresco; onde un
certo Poetastro, osservato il nome di costui, li presentò il seguente
giorno alcune sue barzellete, & essendo poi fatto certo del succes-
so causale, per cui gli venia recisa la speme della ricompensa, per
non rimaner con quello ischerno, una sera l’offeruò, & percoße
in modo, c’hebbe à restar à manifesto pericolo della vita.
      POR. Non trattiamo noi d’offendere alcuno, anzi d’allargar più
la fama di quello autore, di cui l’opere ristampiamo, con diligen-
te corretttione; e si tenemo ancho sicuri di gradir quelle persone,
allequali tai cose presentiamo.
      CRI. Non potete disporre della roba altrui, senza licenza del suo
padrone, e quando ciò u’è concesso, lasciate il libro nel suo stato,
e se pur volete dar ad intendere d’haverlo fatto migliore, per via
d’aggiunta, o di correttione, avisatene il lettore, secondo lo stile
ordinario, de’ vostri precessori. Quanto di far cosa grata, dov-
ria essere poco meno che certo colui che dedica, accioche la cosa do-
nata fosse come il Vitello, che se deve placare, riceva l’incontro
del sacerdote; percioche sapete, che si come sono diversi sigli aspetti
de gli huomini, cosi sono differenti l’opinioni, alcuno sarà cupido
d’empir il campo della sua riputatione, col seme della gloria; al-
tri prenderà à sdegno d’esser lodato; il primo sperando di passar i
termini della mortalità humana, s’arrecherà à grado, & à fa-
vore di vedersi celebrare, e come à nuova deità consacrare i volu-
mi, sperando con quelli insieme eternamente vivere, e prestare à
suoi posteri, e successori lume, e memoria di magnificentia incom-
parabile; il secondo sapendo che l’invidia è carnefice della buona
fama, ingannerà se stesso de i propri meriti, come Timoleono, c’ha-
vendo cacciato della Sicilia i tiranni, dell’opere sue valorose fece
parte alla fortuna, e l’inalzò un tempio. Cosi Temistocle rifiuta-
va le lodi per timor dell’invidia: E Valerio Publicola per tal suspit-
tione la sontuosa casa fece spianar sino à i fondamenti.
      POR. Anzi riferisce Plutarco, che Temistocle ambitioso di fama
pregò Epicle Sonator dicetera, molto stimato da gli Atheniesi,



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Della Dedicatione

che volesse essercitar quell’arte in casa sua, accioche fosse dalla no-
biltà frequentata; ilche viene imitato da alcuni della nostra Cit-
tà, per porsi in grido, & estimatione.
      CRI. Questo avvenne prima che quel famoso Capitano ottenesse
alcun grado nella Republica a valendosi della gloria esteriore, se
non per acquistar per mezo di essa, quel credito, che li diè l’ingres-
so à i publici negotij. Ma in verità se bene qualche nostro amico
fosse ambitioso d’immatura gloria, che glia apportasse detrimento
ciò non se gli deve agevolmente concedere, si com’anche non si
permette à i febricitanti il vino desiderato, nè’l coltello in mano
à i forsennati. Percioche gli huomini posti sopra quelli, che sono
della stessa conditione, con lodi & opere à lor dedicate, fanno consi-
derar minutamente la qualità della persona, con l’occhio dell’emu-
latione, tanto più che costoro non si lodano per ordinario, se non
precedano a i meriti, & alla verità le menzogne, & l’adulationi,
onde intempestivamente essendo celebrati, sono condotti à que’ter-
mini, che i propri nemici gli desiderano, & in vece di rispondere
con premio à chi gli hanno lodati, se considerassero discretamen-
te, sarebbono tenuti ad odiarli.
      POR. Non è dubbio che gli honori si convengono à gli huomini con
misura, e proportione, ma chi volesse incaminar con tanti rispet-
ti, poche opere si dedicarebbono, con intentione di conseguirne be-
nefitio, che pur questo credo sia fine principale, se bene alcuni per
modestia lo fingono accessorio.
      CRI. Alla similitudine delle api, che si convocano allo strepito del
metallo, ma è cosa incerta s’ascoltando s’arrestino per piacere, o
per timore. Ma poiche il fine è come voi asserite, non sarà fuor
di proposito il sapere la certezza di gratificar nelle dedicationi il
donatario, ch’ancora gli antichi volevano esser richiesti, se dove-
vano inviare ad alcuno l’opere loro, come si comprende in Aristo-
tile, nel mandar i suoi volumi ad Alessandro, & in Galeno, ch’af-
ferma non haver donato i suoi libri, se non à quelli amici, che glie-
ne fecero instanza; cosi Roberto Rè di Gierusalemme, e di Siciliam,
dimandò à Francesco Petrarca la sua Africa; e Cicerone ricer-
cato, inviò à Trebatio la Topica, & à Marco Bruto l’Oratore, si
che gli antichi e moderni scrittori hanno saputo il desiderio de gli
amici, prima che gli habbiano dirizzate l’opere loro.
      POR. A questo modo gl’impressori restarebbono esclusi da un tale,

[2nd column:]

e tanto benefitio, poiche non sono atti à comporre cosa alcuna,
ad instanza di chi si vuole.
      CRI. V’ho esposto la norma vera & leale, non essendo per que-
sto cosi critico, che non sopportaßi, che se ad uno Stampatore
pervenissero l’opere d’alcuno, che non fosse tra viventi, overo
che si contentasse, vivendo, di concedergli l’antianità delle de-
dicationi, ch’ei non ponesse à rischio un mezo foglio di carta,
impaniato di lodi, accioche con la speranza, ch’è Regina de gli
huomini, si nutrisce nel ridurre à perfettione quel volume, per
cavarne profitto conforme alla strada fatta hoggimai dalla cor-
rotella del mondo.
      POR. Io la soglio credere consuetudine, originata da buona in-
tentione de’ Stampatori, si come è stato a giorni nostri France-
sco Ziletti, egià quarant’anni Gio. Battista Borgofranco, che spe-
sando molti letterati, fece trasportare del Greco idioma, nella
lingua Latina Homero, Aristofane, Teocrito, Sofocle, & al-
tri antichi Poeti, equelli a diversi personaggi si compiacque
di dedicare.
      CRI. Appunto fu quello, che donò le Tragedie di Sofocle al Con-
te Mario Savorgnano Signore nobilißimo e generoso, nelle fa-
cultà delle lettere, e dell’arme; e tralasciando costui di com-
memorar i meriti d’un tale, e tanto personaggio, spese le due
parti della dedicatoria, in lode di que’ Greci per ingegno, e
per industria famosi, e restò anche, si come intesi, compiuta-
mente rimunerato.
      EUG. Non ricompensò già à questo modo Scopa, huomo rìcchis-
simo, Simonide Poeta, ma à proportione delle lodi, gli diede
la metà del premio, che meritava, dicendo, che l’altra metà do-
veva dimandar a Dioscuri.
      CRI. Non si scordarono anche di riconoscere del favore Simo-
nide, que’ fratelli di Helena, ma tanto basti d’haver dimostra-
to, che le cose, che si hanno à dedicare, deveno maturamente
considerarsi, esser del proprio Autore, & s’è poßibile, ricerca-
te da quella persona, à cui si donano.
      POR. Perche a giorni nostri pochi personaggi desiderano com-
positioni, o sia per haverne troppa abondanza, o perche non
vogliono obligarsi ad usar liberalità à i virtuosi, havrei ca-
ro di sapere, in diverso de i sopradetti, à cui poscia l’opere ap-



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Della Dedicatione

poggiar si debbano.
      CRI. Il carico sarà di Eugenio, bastando à me d’haver riferi-
to alcune favole Milesie, atte ad addormentar i fanciulli.
      EUG. Anzi à risuegliare il sonnachioso Endimione; ma poi-
che havete sostentato il peso; d’Atlante, non vi sia à comando
il sottoporvi, per picciol hora, alla fatica d’Alcide.
      CRI. Si come poco fu il peso d’Atlante, e meno quello di Her-
cole, se si deve prestar fede all’autorità d’Aristotile, mentre
dimostra la leggierezza del cielo, cosi lievi sono state le fati-
che mie, se bene, mercè vostra, le mi fate di gravißimo pon-
do; quando lodandole, & quando per l’interpretatione, &
mescolamento de’ vostri concetti quelle honorando; Ma per
compimento di quanto havemo discorso, per sollevar me, &
occupar quello, che vi si conviene sodisfate del quisito l’ami-
co vostro.
      EUG. Poiche cosi l’uno accenna, e l’altro comanda dirò quanto
m’andrà col ragionare sovenendo l’imbecillità della memoria
mia, & insieme quanto mi havete somministrato, col mistico
senso del Vitello, per più chiara intelligenza dunque riande-
remo i tempi passati intorno il donare, e dedicare, dicendo,
che quelle prime genti d’ingegno, e di lettere, che non hebbero
alcuno interessato pensiero, considerarono, che nell’apprender
le discipline, oltra alla benignità de gli Dei, erano tenuti a
Maestri loro; & à gli uni, & à gli altri, come à prime cagioni,
i componimenti dedicavano; Havemo Aristarco Teagete, poe-
ta tragico, che dirizzò una delle sue favole ad Apollo, & à
giorni nostri Pietro Gregorio da Tolosa votò à Dio ottimo, e
grandißimo i Volumi da lui composti, Dell’arte mirabile, per
obligo infinito, com’ei dice, che tiene à sua divina Maestà; cosi
Monsig. Bernardin Baldi, scrittore di nobile, e secondißimo
ingegno segui le medesime vestigia, sacrando al Re del Cielo
la sua Corona santifica; & anche Benedetto Montano, dedicò
l’Espositioni sue sopra gli Evangeli alla santa Madre Chiesa;
& il Navarro un libro a Santa Caterina, laqual nobile, e pia
elettione si deve à tutte l’altre preporre, per non essere Iddio,
ne i Santi suoi tenuti alla rimuneratione, poscia che Iddio per
natura, & i Santi per gratia, sono bastevoli ad haver tutte le
cose abondantißime; cosi Tersagora, s’è vero il testimonio di

[2nd column:]

Luciano, dedicò ad Homero, come precettore, & alunno, le pri-
mitie delle sue Poesie. Oltra questo sine Religioso, & di rico-
noscenza, ve n’era un’altro anche lodevole, c’havea per iscopo
l’insegnare, ò fosse per istinto proprio; come i padri, che diriz-
zavano l’opere a’figliuoli, overo ricercati, si come hò riferito
di sopra: e tra gli esempi, c’hoggimai infiniti sono, Aristoti-
le innviò i libri morali à Nicomaco.
      CRI. Non m’habbiate per importuno, se u’interrompo, che la
riverenza, ch’io porto alla verità, à ciò fare m’invita; parendo-
mi, che quei volumi, che dite, Aristotile non mandaße altri-
mente à Nicomaco.
      EUG. V’opponete à quello, ch’è manifesto.
      CRI. Contradico, con lo stormento del Filosofo, come intende-
rete. Stà la comune opinione, che vivesse Aristotile sino à
gli anni sessantatre, ascoltò Socrate sino à venti, come affer-
mano Ateneo, e Suida; dopo fu scolare di Platone, sino à qua-
rant’anni, lesse un certo tempo nell’horto Peripato, e poi occu-
pò l’Academia à Platone, sinche ne fu scacciato da Senocra-
te, come testifica Eliano; quindi partito, dopo la servitù fatta
à Filippo, andò ad Hermia Tiranno de gli Atarnensi, nella
region della Misia, e quivi prese à moglie Pitiada, figlia d’Her-
mia, secondo che dice Suida, nepote come afferma Strabone,
over concubine, se si crede ad Aristippo.
      POR. Perdonatemi, io mi ricordo che Christoforo Landino dice,
sopra l’Inferno di Dante, ch’Hermia fu femina d’Aristotile.
      CRI. Si deve più tosto compaßionar, che riprender questi, per
altro faticoso commentatore. Ma come dicevano, visse Ari-
stotile alcun tempo con Pitiada, à cui per soverchio amore sa-
crificando, come far solevasi à Cerere Eleusina, fu da Eurime-
donte accusato, & egli tenendo fresco l’essempio di Socrate,
prese volontario eßiglio, ricovrandosi in Calcide, Città d’Eu-
bea, e quivi essendogli morta la mogliera, prese Hermipile in
concubina, della qual hebbe questo Nicomaco, che alla sua mor-
te testando, chiamò non pur fanciullo, ma ancor Pitia fanciul-
la, nata della mogliera, & ambo gli pose sotto tutela. Di mo-
do, che dalla computatione del tempo, che visse questo Filoso-
fo, e dal suo testamento raccolto da Ateneo, Nicomaco non
poteva arrivar al decimo anno. Nè è verisimile, che Aristoti-



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Della Dedicatione

le huomo tanto grave, e superbo donasse un libro pieno d’inse-
gnamenti adun fanciullo, ma più tosto s’ha da credere insie-
me con Cicerone, ed altri, che que’libri fossero aggregati à
questo Filosofo, & aggiuntoni il mandarli al figliulo per ab-
bellimento della falsità.
      EUG. Mi soprastate con molte ragioni, lequali un’altro giorno
spero risolvere, bastandomi per hora, che secondo l’uso di que’
tempi, detti Libri fossero mandati à Nicomaco, & quando que-
sto eßempio vi paresse dubbio, e singolare, potrei aggregarvi
Cicerone, Oribasio, Giulio Cesare dalla Scala, che a’loro figliuo
li inviarono compositioni. Nascendo poi da tal uffitio qualche
honore à coloro, à cui erano i volumi dedicati, tal causa s’heb-
be ad alterare in modo, che oltra quelli c’havevano bisogno
d’insegnamenti particolari per testimonio di benevolentia,
c’havesse à pervenire alla memoria de’ posteri, mandarono an-
che le compositioni a gli amici, come Aristotile a Teodette,
Plotino a Porsirio, Galeno à Glaucone, & lo stesso Aristotile i
libri della Fisica ad Alessandro, & anche della Metafisica, co-
me afferma Plutarco.
      CRI. S’io non dubitaßi d’esser giudicato spirito di contraditio-
ne direi, che non i libri da voi nominati, ma che quello del Mon-
do fosse donato ad Alessandro; ilqual volume da gli antichi,
migliori, come afferisse Giustino, fu chiamato Compendio del-
la divina, e natural Filosofia, ivi anco esplicandosi le parti del
mondo tutto, e l’ordine di quelle facoltà necessarie ad un Prin-
cipe, e Conduttor d’esercito, & all’incontro que’ Trattati del-
le Fisiche, & Metafisiche nulla contengeno, che sia rilevante
ad un Signore, e Capitano; ma più tosto materie di fatica, e
d’instruttione difficile anco à gli huomini otiosi.
      EUG. Questo libro del Mondo, per opinion di Pietro Vittorio, fu
di Nicolo Damasceno; il che vien confermato dall’autorità, &
cognitione del Signor Federico Ceruti. Ma tanto sia, ch’a
Dio, a Precettori, a i figliuoli, & à gli amici l’opere di pro-
pria elettione si dirizzavano; a i Principi per ordinario s’e-
rano ricercati; ne primi non u’era intentione, ò speranza di
premio; ne’ secondi si potevano prometter favore, & benefi-
tio. Che poi alcuno resti protettore di quelle, & le difenda
dal livore, & morso de maligni, questa è una allegoria (co-

[2nd column:]

me havemo detto) & cagione mendicata per riputation de’ li-
bri, mostrando che quelli sieno meritevoli d’eßer invidiati, overo
si scrivono in adulatione de i pretensi difensori, dando loro ad
intendere, che sieno di tanta stima, che’l mondo tutto per timore
gli riverisca. A Principi dunque, come à quelli, che sono agia-
ti de’ beni di fortuna, & ad altri, c’hanno grido d’esser bene-
fattori de’ virtuosi, si possono i volumi appoggiare, ma che sia-
no però tali, che corrispondano, per quant’è poßibile, all’humo-
re di cui si mandano, e che per qualità, & quantità poßino, vi-
vendo, ritener nella fronte la persona celebrata. Come per e-
sempto haveremo, fra pochi mesi, alcune honorate vigilie di
Monsig. Francesco Recalco, consacrate à Monsig. Bertuccio
Valiero Reverendiss. per la dignità, per le doti dell’animo, &
per le sue riguardevoli operationi. Che s’havesse intorno ciò
bene considerato un’amico nostro, egli non donava il suo libro
sotto’l titolo del Disprezzo della morte, a quel Dottore Pado-
vano, il quale nel veder l’inscrittione, non cavò fuori dal vol-
to festino, gli affetti sereni, e benevoli del core, anzi parve so-
prapreso da vertigini, & nel prenderlo d’haver le mani tras-
sitte da paralisi; e di ciò era cagione, che nel sentir ragionare
di morire gli sopragiongeva tal’isfinimento di core, che rima-
nea per buona pezza, come esanimato. Nè la Signora Ve-
ronica Franca facea presentar le sue Lettere amorose, ancor-
che adornate di morali discorsi, ad un Cardinale; Nè tanpo-
co un’ amico comune sarebbe andato vendendo alla minuta,
per le Città principali della Lombardia, le sue Poesie, s’havesse
considerato, ch’un paio di Sonetti, over una Canzona, non fos-
se bastevole à rascuoter premio, da huomini di giuditio, à cui
venisse con lodi sproportionate, e soprabondanti, appiccatta.
      CRI. E pur Hesiodo, & Homero scorsero per le Città della Gre-
cia, cantando i versi loro, con meraviglioso trattenimento de-
gli ascoltanti.
      EUG. Se fossero stati di qualche grido, non haveriano permesso
gli huomini di que’ tempi, ch’andassero vagabondi, anzi come
afferma Platone, sariano stati raccolti, e condotti à vivere con
eßi loro famigliarmente: Ma si sà, che non fu Homero in ri-
putatione, se non dopo, che Licurgo, ricuperati i suoi versi in
Asia, ch’erano appresso i sigli di Creofilo, gli trasportò in Lacede-



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Della Dedicatione

mone; & Hesiodo non dovea esser in molto grido, poi che Ni-
candro prima, & più ampiamente di lui, havea trattato le co-
se pertinenti all’agricoltura; Ma in verità non si fermeria con
lobbe, simil generatione inquieta, & avezza di continuo à can-
giar hospitio.
      POR. Oltra alle persone di sopra nominate, a me parrebbe, ch’al
le Accademie, à i Collegij, alle Donne nobili, & a i mercatanti
ricchi, si dovessero i libri dirizzare; se però à più d’un perso-
naggio, un’opera steßa si puote dedicare; poi che’l Ruscelli tiene
il contrario, con l’esempio di Marcello, à cui fu vietato da Pon-
tefici il sacrar un Tempio alla Gloria, & alla virtù insieme.
      EUG. Non prevale questa sua autorità, poi che i popoli dell’Asia
eressero un Tempio à Tiberio, & à Livia sua madre; & in con-
correnza loro, domandarono allo stesso Imperatore di ciò fare,
gli Oratori di Spagna. Ma in materia di Accademie, di Com-
munità, & di Collegij vi sarebbe molto da discorrere, sapendo
voi, che gli huomini non sono di cosi stupida cognitione, che vo-
gliano, senza fine interessato, gettar le fatiche loro ad un con-
gresso di persone, ma co’l broglio de gli amici, cercano di tirar
à se larga recognitione; & in modo tale, che molte Accademie
hanno, con leggi salutari divertiti questi dannosi influßi. De’
Collegij conoscemo che alcuni di bassa lega, per ottener l’ingres-
so di quelli, vanno rastellando Teorami, de’ parti appunto dis-
similari, & con ordine confuso, spingono sotto le stampe le lo-
ro monstruose fatiche. Delle Communità parleremo un al-
tro giorno, con esempio di gioconda memoria, & anco di quelli,
che per ottener qualche officio, dedicano a’ Consigli le vigilie lo-
ro, decantando in individuo i particolari di quel corpo. Le Don-
ne, poiche sono arricchite di bellezze interne (come quella, che
per hora non intendo di nominare) meritano ogni preminenza
d’honore. Quanto à i mercatanti privi di virtù, l’intention d’ho-
norarli, con termini lontani della cognition loro, è espressamen-
te mecanica, non sapendosi anco che cosa da quelli si possa con-
seguire, se non l’haver à partita, non senza difficoltà, qualche
pertica di panno; Et che ciò sia vero, non ha molto tempo, che
furono dedicate l’Historie del Guicciardino ad’un’huomo di mol-
to trafico, ilquale considerata l’altezza del volume, & la liga-
tura insieme, diede al portatore un paio di ducati, & senza al-

[2nd column:]

tramente aprirlo, com’egli stava, lo mandò à Padova ad un
suo nipote, accioche da quello potesse apprendere qualche ter-
mine, nella facultà delle leggi. Da indi à poche settimane,
nell’andar costui in fretta per ripararsi dal fallimento d’An-
drea dell’Hoste, fu trattenuto dal dedicante, con longa queri-
monia di parole, ma non intendendo che cosa volesse signifi-
care lettera dedicatoria, da colui più volte replicata, nè po-
tendo più sopportarlo in quella angustia di tempo, gli disse la
maggior villania del mondo, nèdall’hora in poi volle più sen-
tire à nominarlo.
      POR. Non gli mancava luogo di risentimento, potendo ad un’al-
tro quelle Historie appoggiare, & ivi, secondo l’uso di mol-
ti, ch’intorno ciò hanno ricevata ingratitudine, nella dedica-
toria far espresso l’accidente, non senza intacco dell’honore del
mercante.
      EUG. Questo è un’altro capo, nel quale si può concludere, con
qual modo, e parole, si devano i Libri collocare sotto l’altrui do-
minio; sopra che dirò con brevità quello, che ne sento. Credo,
che vi sia noto, che si come gli inteletti purißimi del Cielo, nel
mirarsi l’un l’altro, senza mendicar l’aiuto de’ sensi corporali,
scoprono i loro pensieri; cosi noi, per argomento della nostra
imperfettione, col naturale interprete dell’anima, ch’è il par-
lare, palesiamo al difuori l’interne impreßioni, & in absentia
di quelli, con cui desideriamo scoprire i nostri concetti, usiamo il
mezo della scrittura, la quale, come Vicaria della favella, non
può conseguir il suo effetto, se non è dirizzata ad alcuno; si co-
me anche le lettere, che si scrivono, per manifestar l’humane
bisogna, overo per qualunque altra occorrenza, nella mansione
si notifica à cui elle sono inviate; sì che i Greci, come primi au-
tori in questa materia, che siano capitati alle nostre mani men-
tre dirizzavano l’opere loro ad alcuno, chiamavano ragionare,
& i Latini mandare, & noi dopo l’uso delle Stampe, con voci
pregnanti di vanità diciamo donare, dedicare, & consacrare,
e tralasciando i proemi, e le ciancie adulatorie, con brevità la-
conica à lor bastava di dar nota del proprio nome, come auto-
ri, & insieme della persona con che mostravano di ragionare, ò
ch’intendevano c’havesse la cosa mandata a ricevere; come si
comprende da i volumi d’Aristotile, che dicevano. Aristotile



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Della Dedicatione

ad Alessandro, à Nicomaco, à Teodette; & perche gli autori
erano di molta stima, nè havevano animo interessato, non vole-
vano altrimente avilir se medesimi, con essaltare, e canonizar
la persona, à cui i libri donavano; & anche à quei personaggi
bastava di conseguire la prerogativa delle fatiche altrui, sen-
za sperar di ritrovarsi ivi per dentro, fuor di proposito, decan-
tati. Ma col corso del tempo parendo poco ad alcuni questo ec-
cellente grado, e volendo à gli altri della lor conditione sopra-
stare, e trascendere il corso della mortalità, & avicinarsi con
l’ale fastose dell’ambitione, alle deità celesti, cominciarono à
desiderar quelli honori, e cerimonie, che a Dio erano riservate,
quindi nacquero le Statue, i Sepolchri, le Piramidi, i Teatri, e
sino i Tempij, profanamente inalzatti, e dedicati à gli huomini
terreni; e quinci anche hebbe ad alterarsi la maniera del dona-
re i volumi, cosi che ad uno dominator di certa Terrecciola, es-
sendo presentati alcuni libri di Musica, per non haver l’autore
l’incontro de i titoli, che’l vano pretendeva, mancandogli la vo-
ce di molto, & in fine quello, & cetera, egli non uolle altrimen-
te accettargli, e dichiarò la sopradetta cagione, si che corre l’abu-
so, nelle lettere dedicatorie, d’incaminar più tosto con eccesso,
& prodigalità, che con difetto, & parsimonia; perche le genti
famose s’obligano à chiunque lor porge quelli honori, che sono
in dubbia di meritare; & in questo siamo di miglior conditione
de i Principi, che penano gli anni, per esser privilegiati d’un ti-
tolo, poiche ci basta d’imporre ad un Ragazzo, che ci honori co’l
nome di Conte, o ci appicchi la dignità d’illustre, che altri, che
aspirano d’haver qualche favore, ò benefitio da noi, non man-
cano in ciò di secondar il desiderio nostro.
      POR. Certo, che le prammatiche intorno à i titoli, sono non me-
no neceßarie, per modestia, & riforma del mondo, di quelle
che si fanno per mortificar le pompe, poi ch’ogni pizzicarvo-
lo, o scalciacane, ottenuto il grado di Dottore, o di Cavalie-
ro, non già con la facoltà delle scienze, o la generosità dell’ar-
me, vuol esser chiamato, questi con l’aggionta di Eccellentißi
mo, & quegli d’Illustre.
      EUG. L’abuso è particolarmente sotto la libertà di questa Repu-
blica, ma in proposito mi piace il modo de gli antichim, nel man-
dare, & nel donar dell’opere.

[2nd column:]

      POR. Vi gradisce quella maniera di dedicaro, in via d’Elogio,
con lettere maiuscole, usate pochi anni sono dal nostro Contile,
dall’Arnigio, e d’altri Peregrini ingegni?
      EUG. Ella è certo riguardevole, e nobile, ma non già appieno
conforme al gusto d’alcuni, poi che con tale inscrittione, par
loro, che s’occupi il luogo della tavola votata del convalescen-
te. Dove sono manco parole, ivi sento maggior sodisfattio-
ne, dandomi à credere, che non paßi senza nota di biasmo il
Doni, in quel suo argomento di Libraria, che oltra la Prefa-
tione a’Lettori, tante vi sono Epistole dedicatorie, quanti si tro-
vano elementi nell’Alfabeto.
      POR. Non è stato costui, nè primo, nè solo, poi che’l Giraldi,
& il Pierio hanno fatto il medesimo; il primo nelle Novelle,
il secondo ne’ Gieroglifici, per rendersi benevoli una gran
frotta di letterati, & forse anche con disegno di conseguir
utilità.
      EUG. Quei, che dedicano indifferentemente, con intentione di
guadagno, e che non intendono ad alcuna amicitia per con-
servarlasi, e farne capitale, gli soglio rassomigliare ad un cer-
to modo alle donne gravide, che si servono per cibo di calci-
na, e di carboni, che poi ricuperato il gusto, schifano l’impro-
prietà dell’esca; cosi i mercenari di questo genere, compito il
negotio accidentale danno sine senz’altro, all’interessata ami-
citia: costoro adunque, che machinano, per ingordigia di pre-
mio, sono quelli che traviando dall’uso nobilißimo de gli an-
tichi, con longa lettera, fregiata di manifeste adulationi, ce-
lebrano, & imparadisano (mi sia lecita questa parola) i fau-
tori dell’opere loro, si come Alessandro della Frata, nell’ap-
poggiar il libro suo di Nobiltà, riferice l’humore d’un certo
Dottor Stabio, che racconta la generatione di Massimigliano
Imperadore, di grado, in grado, per tutte le discendenze, dal-
l'Arca di Noè sino à i tempi presenti.
      CRI. Et le nostre ancora sono uscite con quella dell’invittissi-
ma Casa d’Austria, ma Iddio sà dove hanno intoppato per
tante serie di secoli. Anche Iamblico narra col testimonio
d’Hipparco, che gli Assirij tennero osservationi continoue di
ventisette mila Anni, se bene il Mondo non ne ha sei mila di
vita.



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Della Dedicatione

      EUG. Non è bene parlar fuori de i termini della materia, e
simili abusi si doveriano al tutto levar da gli huomini pru-
denti. Un’altro pur amico nostro s’affannò di portar sino al-
le Stelle un Cavaliere, per essersi ritrovato nel Conflitto della
Guerra Navale, e senza ravedersi, che l’attione fosse comune
avenne ancora à celebrar diversi altri, che s’adoperarono in
quel memorabile successo, nè parendo à costui d’haver à pie-
no decantata la persona, a cui l’opera attacava, si mise à com-
memorar i precessori di sua madre, giudicando, che tutto fac-
cia cumulo all’ascesa della gloria.
      CRI. Imparò da i Locresi, che come testifica Aristotile, la no-
biltà loro discendeva dalle femine.
      EUG. Certo, che quelli ch’affermano, che l’eloquenza nascesse da
gli innamorati, quando cercarono di far condescendere le don-
ne, ch’amavano, à i desideri loro, non hebbero consideratione à
questi dedicanti, ò non furono à quel tempo, perche per ra-
gione gli concedevano il primo luogo, nella facoltà del per-
suadere.
      Non si trattando nella dedicatoria altro, che d’honorare,
& come voi dite di persuadere, al parer mio non u’è luogo di
querelarsi.
      EUG. Formano anche dilemmi, ch’intaccano l’honore, e si di-
chiarano di conseguir rimuneratione necessariamente; come
Girolamo Ruscelli, che scrive al Re Filippo, che ricompen-
sa il Dolce della Dedicatione delle Metamorfosi, come quello,
che successe ne’ crediti, e debiti di Carlo Quinto suo Padre,
& un certo Volfio, che trasportate dal Greco, nell’Idioma
Latino l’Orationi di Demostene, le dedicò ad un nobile Ger-
mano, dandoli ad intendere, che colui, che faceva poca stima
d’esser celebrato, & conosciuto per benefattor de’ virtuosi, era
Iddio, over bestia; poscia dolendosi della strettezza della sue
fortuna, domandava una larga riconoscenza, & Theodoro
Gaza, donate alcune sue fatiche ad un Pontefice, scritte in car-
ta pergamena, nè havendo ottenuto quanto desiderava, disse nel
partirsi. Le ottime biade puzzano à gli huomini grassi.
      POR. Il Volfio meritava ricompensa della sua traduttione à pro-
portion di quello che fece il Duca Hercole Estense à Francesco

[2nd column:]

Collenuccio, che li rese volgari l’attioni de i Rè di Napoli, & il
Leoniceno, che gli tradusse l’Historie di Dione, & il Dialoghi
di Luciano.
      EUG. Il Duca Hercole, secondo asserisse il Giovio, per non ha-
ver piena cognitione del parlar Latino, messe ad opera que’ let-
terati, onde il riconoscerli era necessario, ma costui, che con-
fessa che quel gentilhuomo Todesco era dotto nella lingua Gre-
ca, non doveva tanto affaticarsi à persuaderlo, che fosse in obli-
go di largamente gratificarlo. Molti anche si vantano di pos-
sedere la buona fama; ch’è figlia della virtù, & madre del-
la Gloria, e sù l’ali di quella essergli concesso di trattenere le
genti, oltra’l corso della Cornacchia, che secondo Hesiodo, vi-
ve nove età; cosi non senza arroganza affermava Appiano Ales-
sandrino, inalzando le sue dedicationi, & aggiungendo, che si
come Esculapio dal sangue delle vene delle Gorgoni sanava, &
uccideva, che quel tratto dalle vene sinistre, usava ad estermi-
nio, e quello delle destre a salute; à lo stesso modo egli era pa-
drone della vita, e della morte del nome de gli huomini, e pur
costui, come vogliono alcuni suoi contemporanei, non fu più
dotto di Ruffone, che tormentava i suoi debitori, dopo la matu-
ratione del credito, ad ascoltar ogni giorno l’Historia da lui
goffamente composta. Non altrimente quel Historiografo da
Como si gloriava con le penne sue d’oro, e di piombo di locar le
persone secondo, che à lui tornava à proposito.
      POR. Andate in modo restringendo il campo à questi poveri vir-
tuosi, c’hoggimai non hanno parole, nè concetti, con quali pos-
sano dare all’opere loro sicuro appoggio.
      CRI. In verità Eugenio, che vi veggio armato di molto rigo-
re, potreste pure à benefitio de’letterati ricordar un’altra spe-
tie di dedicatione, laquale per molti secoli fu giudicata singo-
lare, introducendosi à discorrere con abbondanza di dottrina,
bene disposta, i maestri, e gli amici; ilche ci dimostrò Platone,
Xenophonte, il Fracastorio, il Cavalier Sperone, il Signor Cesa-
re Campana, e molti altri nobilißimi ingegni.
      EUG. Se mi era concesso tempo d’andar cacciando con la remi-
niscentia, non ha dubbio, che mi saria venuto fatto, di rivocar-
mi alla memoria, quella maniera di scrivere, e benche ciò sia



Chapter 1 Page 23



Della Dedicatione

stata prodotto da voi, à grado della Stampatore, anch’io confes-
so di restarme (mercè vostra) favorito. Questo modo d’ampliar
la riputatione à gli amici, è veramente riguardevole, mentre
non si scopra sottoposto ad alcuno interesse, & mentre gli scrit-
tori prendano soggetto conforme al costume di quelli, che di-
scorrono. Nel primo caso peccò un Riformatore de i costumi
del mondo, havendo posti insieme à ragionare alcuni gentilhuo-
mini della sua patria moralmente, e dottamente nel suo volu-
me, e prima ch’ingombrasse la Stampa, fece richieder loro una
quantità di danari, il che essendogli tacitamente negato can-
cellò (com’ei disse) dal libro de’ viventi, il nome de gli interlo-
cutori, & sotto persone supposite, corresse l’avidità del suo pen-
siero. Nel secondo errore entrò in Padoua un’ amico nostro,
ilquale caricatosi d’un soggetto di maggior peso, diquello non
comportava la debolezza de gli homeri suoi, u’introdusse à
parlamentare un Monsignor di lettere, di giuditio, & lonta-
no d’ogni gloria ambigua, e pericolosa, ilqual inteso il capric-
cio di costui, che di già havena impreßi alcuni fogli, per aßi-
curar la sua riputatione, partì per le poste da Verona, à Pa-
doua, & fece sospender fin à tanto le Stampe, che se vide le-
vato fuori di quel conciliabolo. Potrei addurvi molti incon-
venienti, cagionati in questo proposito, se non teneßi à ricor-
do, ch’ancor voi Critone n’havete in altra occorrenza ap-
pieno discorso; si che biasmo l’uso in quella parte, dov’è fat-
to captivo il guadagno, & anche per la poca avertenza de
loro Autori.
      POR. Di gratia trovare luogo homai à questi inquieti De-
dicanti.
      EUG. V’è una arena nobilißima, dove ponno spatiare, dietro
à molti huomini per scientia immortali; si come si compren-
de da Cicerone, il quale con Epistola, ch’è spetie d’argomen-
to, manda la sua Topica à Trebatio, e l’Oratore à Marco Brut-
to. Lo stesso hanno fatto Galeno, Oribasio, Dioscoride, & à
giorni nostri il Bembo, il Tomitano, & altri infiniti, c’hanno
incorporato detta Epistola con l’opera, parlando solamente à
proposito per instruttione de’ Lettori, & allontanandosi dalle
stancie, vanità, adulationi, come cose aliene dalla proposta

[2nd column:]

materia, & con tal modo vengono per neceßità lette le De-
dicatorie, per essere incorporate nel soggetto, & vine la per-
sona ivi nominata in perpetuo nella fronte del Libro; nè il no-
me suo per nuova impreßione si puote tralasciare, anzi alle
volte si smarisce quello dell’autore, e rimane in vista quello
del donatario, come appare dalla Retorica scritta à Gaio
Herennio.
      POR. Certo, che la maniere da voi ricordata molto mi pia-
ce, ma perche è solo per guarnimento delle prose, deside-
ro, che i versi non restino spogliati di protettore.
      EUG. I versi anco loro si consacrano al giorno d’hoggi,
con molta riputatione della persona nominata, occupando
l’antico possesso d’Apollo, e delle Muse queste chiamate da
Hesiodo, & da Homero, quello da Orfeo ed altri famosi
Scrittori.
      CRIT. A me par Eugenio, ch’Apollo, e le Muse s’invocava-
no come deità soprastanti alla conservatione della memoria,
& perche inspiravano il Poeta alla cognitione delle cose oc-
culte, & à cantar più nobilmente di quello, che da per se fat-
to non havrebbe.
      EUGE. Questa intessitura è veramente, secondo i migliori
invocatione, ma la veggio trappassata in via d’oblatione da
gli Dij à gli huomini, e principalmente nelle Poesie Epiche,
delle quali, cosi Latine come Volgari, non vi noiarò con l’au-
torità, poi che tutto giorno ci passano tra le mani. Si che
per mio parere io laudo, che nelle Prose, & ne’ Versi il dono
del Libro sia compagnato con la materia, per gli rispetti da
noi considerati. E s’avverrà, che qualche compositione non
cada sotto la regola proposta, in quel caso sarà meno disdi-
cevole, non volendo l’Autore usare la brevità de gli anti-
chi, ò seguire l’essempio de gli Elogi moderni, con modestis-
sima Epistola, conforme all’opera, locar sotto honorata pro-
tettione soggetto la prima lettera dedicatoria nelle sue Can-
zoni, del Sig. Gabriel Chiabrera.
      POR. Veggendo io quel paggio starsene in capelli, & guar-
dar verso noi, giudico, che sij un’araldo del pranso, che per



Chapter 1 Page 24



Della Dedicatione Dialogo.

riverenza, non ardisca d’esporre la sua ambasciata.
      CRIT. Voi sete le cortine di Cuma, però andiamocene ver-
so il desinare, che rintuzzato il primo impeto dell’appetito
si discorrerà con l’animo più composito, & tranquillo in-
torno la presente materia, se però vi sarà più luogo impor-
tante di ragionare.
      EUGENIO. Poi che la mensa è madre da generare molti
amici, fateci la strada, come Signore dell’albergo, che vi
seguitiamo.

IL FINE



Transcription by: Luis Sundkvist

    

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