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'Pezzana e Consorti' case: counter-petition and rulings, Venice (1781)

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'Pezzana e Consorti' case: counter-petition and rulings, Venice (1781), Primary Sources on Copyright (1450-1900), eds L. Bently & M. Kretschmer, www.copyrighthistory.org

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16 transcripted pages

Chapter 1 Page 1



Illustrissimi ed Eccellintissimi Signori
Signori Riformatori dello studio di Padova.


      Se il portare ai piedi del Principe il più riverente ricorso,
onde discender voglia ad ascoltare i voti di varie suddite
onorate famiglie, qualificar si professe coll' odiosa carat-
tere di voler far la guerra al Soverano, e alla eminente
auttorità di questo Gravissimo Tribunale, nè discesa sarebbe la
Maestà del Senato ad esaudire il loro ricorso, nè si sarebbe
prestata la clemenza di VV.EE. a intendere i dettagli delle
loro ossequiose rimostranze.
      Ben lontane esse onorate famiglie dall' arbitraria
imprecazione di far la guerra al voler del Sovrano; ne
ad vano anzi le benefiche sue leggi, e venerano insiéme
con intimo senso di divozione le vigili cure di questo
Ecc.mo. Magistrato, che anche colla recente Terminazione 30
luglio 1780, ha instituite ne' varj Articoli dalla medesima
abbracciati le più salutari provvidenze tendente a pro-
movere il bene dell' Arte Tipografica, e del Veneto libra-
rio commercio.
      Una trà queste rimarcabile si rende per la massima
grande, che in se contiene, e per le somme conseguenze
che sarebbero per derivarne dessa compresa negli Ar-
ticoli 6: 7: 8: 9: 10, è quali questo Ecc.mo Magistrato dietro i
riccorsi dell' attual Priore dell' Arte, e Bancali, si è deter-
minata a commandare un assoluto, universale, intermi-
nabile privativo per qualunque libro stampato finora
in questo Dominio, onde tutti affatto i libri possibili, che
dal di’ dell' invenzione della stampa furono nello stato im-
pressi finora, o con privilegio o senza privilegio, tutti
affatto siano tolti per sempre alla libertà delle Venete stampe,
niente più ad essa lasciando se non che l'azzardo de’ libri



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nuovi mai più stampati in questa Dominante.
      Rivolti a questa sola parte di detta rispettabile Terminazione
gli umilissimi loro riclami, esauditi già dalla Pietà del Senato col
grazioso Decreto, che ne hà concesso l'ascolta, si è prestata la Cle-
menza di VV.EE. ad accogliere dalla voce del loro avvocato gli os-
sequiosi suoi sentimenti; che in ordine al venerato comman-
do vanno ora a riassumere, onde raccolti in queste carte, as-
soggetarli di nuovo alla Sapienza di VV.EE., cui pregano a
rimarcare, che seguito essendo l'ascolto in contradittorio, e in
confronto dell' attual Priore, e suoi consorti, che si è fatto op-
positore, così la riverente loro diffesa sarà diretta soltanto
ad impugnare li di lui assunti, venerando sempre con suddita
rassegnazione quella suprema auttorità, da cui parte, e di
cui è rivestita la Terminazione predetta.
      Nel riassumere però l'assoggettato esame non possomo
dissimulare li divotissimi ricorrenti, che grande causa di con-
forto ad essi non ci presenti, nel trovare appoggiato il loro
riccorso a una costante legislazione di tre secoli, à princi-
pi con riconosciuta esperienza addottati dall' Ecc.mo. Se-
nato, non che alle massime uniforme di questa Gravissima
Magistratura in tutti i tempi da essa protette anche con
solenni giudici in contradittorio seguiti.
      Quale sia dunque la natura, quali i rapporti e gli ef-
fetti de’ privilegi in materia di Stampe, fù questo un esame
con confronti di fatto più volte esaurito dall' Ecc.mo. Senato.
      Se si vogliano riandare le successive sue deliberazioni nell'
argomento, si troveranno sempre rivolte a sradicare l'abuso
e la soverchia estensione de privileggi.
      "Il toglier la libertà coi privileggi, hà impedito la diffusione
dell' Arte,
e del commercio, hà colpito il pubblico, e il prvato
interesse"
, rimarca il primo Decreto 1517.
      "Il vietare col privativo d'un solo la ristampa ai sudditi nutre
e fomenta la ristampa degli esteri"
, rimarca il secondo



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decreto 1533.
      "Il privativo," soggiunge nel 1537, toglie la concorrenza, e
la gara, madre dell' industria; si tolga il pretesto delle cor-
rezioni, et aggiunta per carpir nuovi privileggi per il medesimo
libro"
, e nell' anno 1603, regolando i tempi, e la durata
de' privileggi per i soli libri di nuova impressione, hà raffer-
mata per tutti gli altri la massima della libertà in ogni tem-
po costantemente voluta.
      Sopra tali principi figli dell' esperienza, e della ragione s'
aggirarono in appresso le provvidenze tutte di questo Tribu-
nale fortunamente prescielto a proteggere il bene di quest'
Arte. Una serie di Terminazioni in tutto il corso del corren-
te secolo emanate hanno sempre proscritto l'abuso de' Pri-
vilegi; e se nell' anno 1762 fù vietato alle stamperie della
Terra Ferma di ristampare i libri de' Veneti editori, che
fossero stati per uscir di privilegio; questo fù un atto di
preferenza ai Veneti torchi, ai quali fù lasciata illesa la
primiera sua libertà, onde cadauno a proporzione de' suoi
fondi, e della sua industria dilatar potesse il proprio com-
mercio; e se alcuno in seguito ha creduto di poter sostene-
re coll' appoggio di peculiari combinazioni, e circostanze
una ulteriore estensione di privilegio, la giustizia di questo
Ecc.mo Magistrato ponderati in giudiziario confronto tutti i rappor-
ti della materia hà proscritto l'abuso, e sià consecrata con
solenne giudizio la libertà della stampa, come è avvenuto
nell'anno 1763.
      Ben conobbe chi con sommo valore ed artificio hà sostenu-
to gli assunti del Prior dell' Arte, e de' suoi consorti, l'impor-
tanza di così uniforme, e costante legislazione, cui si pregiano
d'imitare in presente le più colte nazioni d'Europa; tanto più
rispettabile, e sacra, quanto che appoggiata a provate rissult-
tanze d'esperienza, e di fatto; sià tentato perciò ogni mezo
possibile per distruggerne la forza.



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      Sono leggi, diss' egli, d'altri secoli, e d'altri tempi, sono fatte
per diriggere un Arte ancora nascente
; ma in questa parte
è troppo convinto dall' epoca di tutte esse leggi, che passo passo
sempre collo stesso principio contrario alla soverchia estensione
de' privilegi hanno accompaganato i progessi di quest' Arte, sino
ai tempi più vicini. Era forse ancora nascente nel 1705?
era ancora nascente nel 1745, nel 53, nel 64, e finalmente nell'
anno 1767?
      Non è vero, soggiunse, che queste leggi sostenessero la liber-
tà della ristampa, anzi hanno esteso i privileggi.
Ma ogni
parola di tutte esse leggi dimostra il contrario, proteggono
il privileggio parziale, e temporaneo; ne prescrivono l'esten-
sione, e l'abuso.
      Finalmente, diss' egli, qualunque siano queste leggi, il
Sovrano poteva abolirle, e l'ha appunto abolite, e derogate.
Que-
sto è vero pur troppo: ma giacchè la clemenza del Prencipe si è
degnata coll'accordato ascolto di prendere in nuovo esame un
tale argomento, discenda la clemenza di questo Magistrato a conosce-
re ancora se l'universale, assoluto, interminabile privativo
per ogni libro, possa riportare il contemplato oggetto, e la mag-
gior felicità di questo commercio.
      Quale assioma in fatto di commercio più universalmente
ricevuto di quello, che il privativo destrugge la speculazione
e l'industria, e favorisse soltanto l'inerzia, e il monopolio?
      Se questo assioma convenga anche all' indole di quest'
Arte, e di questo traffico, ben si può conoscerlo dai suoi pecu-
liari rapporti.
      È troppo ragionevole, che il grande di questo commercio
non può essere piantato, e nutrito, se non che coll' abbondan-
za del genere, senza la quale impossibile si rende una vasta,
ed estesa circolazione.
      Dall' abbondanza del genere ne deriva la pienezza degli



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Assortimenti, e la facilità dei prezzi, e a questi due soli principi
fù debitrice de' suoi progressi la Veneta Tipografia; giacchè
l'esperienza, e il confronto delle altre nazioni dimostra che la
magnificenza, e la squisitezza di qualche dispendiosa edizione
può essere un' oggetto ben sì di curiosità, e di lusso, mà non può
porger la sussistenza, e la vita al grande di questo commercio.
      Che il privativo assoluto, inseparabile dal monopolio incaris-
ca il genere, e ne alteri il prezzo, non è necessario di provarlo.
      L'uomo avido di lucro, che all'ombra d'un interminabile pri-
vativo può dar la legge ad ognuno, non ne rinuncia certamen-
te il profitto.
      Che si opponga all'abbondanza del genere, è parimenti di
una materiale evidenza. Una sola, ed unica edizione non
può somministrare quella varietà delle forme, quella varietà
del prezzo, quelle diverse qualità di caratteri, di carta, ed altro,
in somma quella moltiplicità di assortimento, che soddisfar pos-
sa le varie opinioni, e bisogni degli uomini.
      Ma si conoscano le ulteriori influenze di tali principi dall' at-
tual modificazione di questo traffico.
      Allorchè quest' Arte moltiplicando le stampe hà insensibil-
mente diffuso trà gli esteri il suo commercio, e richiamate le
riccorrenze delle altre piazze d'Europa, si trovò caricata di com-
missioni estere a una moltiplicità di libri di ogni genere, e
di vari editori; ne sentì quindi la difficoltà di esaurire com-
missioni così dettagliate, e diverse.
      L'acquistare col proprio contante i libri altrui per man-
darli a tempo, e a rischio al loro destino, era pesante, ed im-
possibile ad eseguirsi: spogliava il negoziante de' capitali, e
de' fondi necessari alla giornaliera sussistenza dei torchi.
Lasciar ineseguita la commissione ne' capi altrui, faceva
perdere anche lo smercio dei propri.
      Da questa fortunata difficoltà nacque in questo secolo la
speculazione del cambio, col mezzo del quale cadaun negoziante



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coi libri propri si procura anche quelli degli altri, e cadaun
individuo dell' Arte somministra vicendevolmente all'altro
i mezzi onde assortire le commissioni degli esteri, e agevolare
una facile, ed estesa circolazione.
      Accorda anche il Priore dell'Arte, che la gran molla, sù cui
s'aggira l'attuale esterno commercio, è appunto il cambio; ma
costretto a confessare un tal fatto, cercò di sostenere un aperto
paradosso, vale a dire, che il cambio possa esser conciliabile col
privativo, e col monopolio.
      Basta annunciare un tale principio per sentirne l'assurdità.
Perchè ciò potesse verificarsi non ci vorrebbe niente meno, se non
che tutti gl'individui avessero una qualità di libri del medesimo
identico pregio, e la istessa estensione di commercio. Ma se ciò è
impossibile da immaginarsi, subito che il privativo mette in mano
del mercante o inerte, o nemico dell' attività, o ristretto di capita-
li, e di fondi, che cerca la picciola vendita di dettaglio, e non il
gran commercio; è troppo evidente, che sicuro di vendere a con-
tante il suo libro necessario, non vorrà cambiarlo coll'altrui,
esigendo la ristrettezza del suo traffico, che non abbia a caricar-
si di una merce, di cui non hà l'industria per procurarsi lo
smercio.
      Quando al contrario, nello stato di libertà in cui è nato, il
cambio non solo si sostiene, come si vede tuttora coll' esperienza
e col fatto, ma diviene presso che indispensabile; poichè la speran-
za di cadauno di poter colla reciproca facilità, e colla giorna-
liera corrispondenza preservare dalla ristampa il suo libro,
lo costringe di prestarsi a cambiarlo cogli altri; dal che poi ne
deriva, che fornito così di libri propri, e di libri altrui, è in qual-
che modo forzato a scuotere l'inerzia, e a dar qualche genere
di movimento ad un traffico, che ristretto ora per ciò al com-
modo di pochi capi necessari, e sicuri và a divenire in vece
d'un fondaco, una semplice bottega per vender soltanto in
dettaglio, ed al minuto; e ristringendo la circolazione del



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proprio distrugge anche quella degli altri.
      Tale fù appunto il caso di un riguardevole negozio, il quale
avendo prima d'ora per oggetti personali d'un nuovo ministro
interessato nel torco, riseccato il cambio, hà necessariamente ri-
sentito il ristagno de' suoi fondi, e sforzata la ristampa degli
altri.
      L'idea di costringere il negoziante industre colla forza del pri-
vativo assoluto e universale al solo azzardo de' libri nuovi, sem-
bra affatto ripugnante all'esenziale sostanza di questo negozio,
e n'è in pronto la ragione.
      In ogni Scienza, in ogni Arte possibile, ai cui abbia versato
sinora l'umano ingegno, avvi una serie di libri classici, e ogi-
ginali consecrati dal tempo, e dal consenso universale de gli uo-
mini, e delle nazioni. La Teologia, la Storia, la Medicina, tutte
infine l'Arti, e le Scienze sono piantate sopra questa base di libri
indispensabili, e può dirsi di prima necessità. Ogni uomo, che dif-
fonder si voglia in una, o più di questi Arti, è necessariamente con-
dotto all' acquisto, e al consumo di questi libri di universale ri-
cerca, e di rispettiva necessità.
      Questi appunto sono quelli, che formano la vera essenza, e il
principal sostegno di questo traffico, e quel tal grado di cauzione
possibile, che ogni avveduto negoziante esigger deve almeno in
parte nell' impiego de' propri capitali.
      L'industria di questo commercio consiste principalmente nell'
attraere a se la preferenza delle altre nazioni per questa esen-
zial base di circolazione, la quale poi o assicura, o compensa
anche l'azzardo de' libri nuovi. Il privativo, che spoglia un
negozio di questa prima base, distrugge dalle radici il suo
traffico, e gli rende impossibile anche il tentare le nuove
imprese.
      Negare, che l'antica libertà dei capi esenziali, e sicuri
non formi il vero, e il solo equilibrio per l'azzardo delle nuove
imprese, è negare la più costante verità. Nell' ultimo presente



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decennio abbiamo nell' Arte 328 [?] libri di nuovo introdotti, ma
quale sarebbe stato il destino del negoziante, la di cui industria
fosse stata ristretta al solo azzardo di questi libri? Tra questi ec-
cetto un piccolo numero, che potrà aver qualche vita, tutto il
restante, o abbandonato, o di esito difficile, e lungo avrebbe fatto
la rovina de' suoi arditi editori.
      Che se le leggi successive, e costanti del Principato, ed ogni
principio di ragione, e di commercio pur certamente che si oppon-
ga a un privativo assoluto, perpetuo, ed universale, non è men
rimarcabile la divisata sua verificazione; poichè, o si vuole, che
il privilegiato debba nel fissato periodo dei due mesi intrapren-
der la stampa de' libri a lui devoluti; e in alcuni ciò si rende
fisicamente impossibile per la qualità, e per il numero dei li-
bri a lui devoluti, e in altri per il diffeto de' necessari capitali;
o vuolsi, che li due mesi debbano cominciare dopo il totale
consumo del libro privilegiato; e chi potrà sapere lo stato gior-
naliero de' fondachi altrui? in conseguenza potrà facilmen-
te accadere, che o la indolenza, o la ristrettezza, o la gelosia del
privilegiato lasci mancare un tempo al commercio i libri an-
che più esenziali, senza che possa esser riparato tale inconve-
niente dall' alternativa della legge, che non può verificarsi
senza lungo tempo, e senza riguardevoli precedenze. In fatti
dal giorno dell' emanata legge in agosto fino al mese di
marzo, neppur uno de' libri usciti di privilegio, e devoluti, che non
avevano da attendere disciplina alcuna d'esecuzione, nep-
pur uno si vidde posto al torchio, e restò fino da quel gior-
no senza esecuzione la legge.
      Finalmente è verità infallibile, e di fatto marcata dalla
sapienza del Senato, che vieta la ristampa ai sudditi, nutre e
fomenta la ristampa degli esteri.
      In confronto di queste verità pongasi ora le obiezioni
del Prior dell' Arte, e de suoi consorti. Sono queste di due
categorie; altre risguardano la provvidenza in questione;



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le altre tutte versano soltanto sulla più appassionata in-
vettiva contro il negozio Remondini.
                  Si prendano in esame le prime.
      Al cominciar del secolo, declamò con valore il diffensor av-
versario, la Veneta Tipografia fiorente ed attiva contava
120 [?] torchi, che fornivano amplia messe alla circolazione,
e al commercio. Questa felicità andò sempre declinan-
do, e la vediamo ora ridotta al solo numero di 80 [?] torchi.
Un tale degrado è avvenuto in tempo di libertà. Dun-
que la libertà è la causa di questa declinazione.
Falsis-
sima conseguenza, si può rispondere al Priore, e a suoi
consorti.
      Se la libertà limitata del privilegio temporaneo, fosse il
vizio della cosa; come potrebbe con questo intrinseco
vizio essere avvenuto il confessato ingrandimento d'allora?
Altre cause visibili, e generali si sono dopo quel tempo com-
binate a far la guerra a questo ramo di commercio.
      Il progresso d'industria nelle altre nazioni, le vaste
Stamperie di Napoli, che per la facilità dei prezzi sta a li-
vello col Veneto commercio, i torchi introdotti in moltis-
sime città d'Italia, Firenze, Parma, Lucca, Milano, ed ogni
piccola città della Romagna tutte stampano a gara; quan-
do al principio del secolo molte di esse non avevano anco-
ra alcuna idea di quest'Arte.
      La gelosia de' Sovrani, che soffrendo mal volentieri l'intro-
duzione d'estera manifattura e il passivo commercio, hà in-
coraggita la industria de' rispettivi suoi sudditi all' imprese
della stampa.
      La rifforma de' regolari tanto provvida in ogni altro rap-
porto al ben della nazione, e delle Stato, diminuendo il nu-
mero degl'individui hà diminuito il consumo dei libri.
      Il gusto delle biblioteche quasi affatto perduto, il dis-
facimento, e la diffusione delle quali produce anzi un



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manifesto regurgito nel commercio, queste sono le cause
visibili, e generali dell'allegato degrado, già prima d'ora
contemplate dalla maturità di questo Ecc.mo. Magistrato.
      Ma questo non toglie, oppongono inoltre, che anche
la libertà non sia una causa della decadenza di quest'Ar-
te. Dopo i trent' anni, allo spirar d'un privileggio, tut-
ti s'avventano al libro, che non è in privativo, se ne mol-
tiplicano in un tempo istesso l'edizioni, quindi l'inca-
glio, quindi la pessima impressione, la distrazione dalle
nuove imprese, la rovina degl'individui, e quella dell'
Arte.

      Prencipe adorato, pare che le più ovvie rifflessioni si op-
pongano a tale ragionamento del Priore.
      Non v’è dubbio, che dopo il corso di trent' anni il desti-
no d'un libro è già deciso. O è cattivo, o è d'un esito arduo,
o impossibile, e sopra di questo non s'avventa alcuno.
      O il libro è d'un esito provato, e sicuro, e per questo
la ristampa, e l'edizione, che sempre riesce in qualche parte
diversa, e soddisfa le varie opinioni degli uomini non solo non
è rovinosa, ma anzi è necessaria per nutrire un vasto com-
mercio.
      È cosa di fatto, che ne’ capi preziosi, che sono quei soli, ch'
eccitano gli editori alla contemporanea ristampa, una sola
edizione non basta alle ricerche del commercio. Uno desi-
dera la forma grande, e un altro la piccola; chi vuole un
prezzo, e chi un altro; chi preferisce un carattere rotondo, e
chi minuto; e ne somministrano una prova innegabile tut-
ti i libri classici, scolastici, la Bibbia, l'Antoine, il Metasta-
sio, ed altri molti, la moltiplicazione dei quali non ne hà
impedita la diffusione, e lo smercio. Ora quando di qu-
esti è impedita la ristampa al suddito, quando il pri-
vativo comanda una sola edizione, in conseguenza una
sola forma, un solo carattere, un solo prezzo, è evidente



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che la variata edizione, e la ristampa viene eseguita dall'
estero, il quale ne riporterà esso il profitto a danno della
nazione.
      Nè si opponga a questi libri l'allegato incaglio: o questo
si riferisce alla volontà d'un individuo, che volendo vender
a contanti, e negando il cambio tien chiuso nei suoi magazze-
ni il libro, e lo riccusa alla universale circolazione del cam-
bio; e di questo la colpa è sua.
      O si rifferisce una soverchia abbondanza di copie, e questa, se
il capo è sicuro, non può dirsi un incaglio per la nazione, ma
forma anzi un deposito, di cui a proporzione se ne consuma
lo smercio.
      In tali capi l'abbondanza relativa delle copie nasce anzi
da un oggetto di plausibile risparmio. Il negoziante, che
consulta lo stato del suo traffico, e attento osserva gli an-
damenti del commercio, se conosce che di un tal dato li-
bro potrà coll'estensione del suo traffico consumarne in un
decennio, per esempio, sei mille copie, egli non aspetta di far-
ne la stampa moltiplicando la spesa in tre, o’ quattro tempi,
ma preso il suo partito forma in un tempo solo tutto il deposi-
to di un decennio.
      Quanto al peggioramento delle stampe sarebbe affatto
superfluo di farne parola. A questo hà già proveduto la
maturità di VV.EE. colle introdotte discipline, colle coman-
date revisioni del Proto Esaminatore, e sotto il vigore di
queste, o di più forti provvidenze riprenderanno le Ve-
nete stampe la primiera loro bellezza.
      Che se poi arrivato è a sostenere, che il comandato pri-
vativo non sia assoluto, perchè coll' articolo decimo vie-
ne accordata una seconda edizione, quando sia magni-
fica, e distinta in ornamenti, e in ogni altra parte; chi non
vede, che questa è una ristrettissima eccezione, non adatta-
bile all'andamento essenziale di questo commercio, li cui



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capi principali non sono nemmeno suscettibili di tali requi-
siti?
      Finalmente si volle persino fare ad essi una colpa di aver
umiliate le loro suppliche al Prencipe otto soli mesi dopo la
legge; quasichè avessero dovuto attendere, che consumati
fossero i loro assortimenti, sviate le loro corrispondenze, are-
nato il suo traffico, per implorare un tardo rimedio, che sa-
rebbe poi stato o poco efficace, o fosse affatto inoperoso.
      Altro ora non riname, che di prendere in esame tutto ciò,
che con manifesto spirito d'animosità fù fatto disputare con-
tro il negozio Remondini; e siccome le imputazioni a ques-
to addossate furono dipinte coi più caricati colori, così è
interessata la clemenza insieme, e la giustizia di VV.EE.
a rilevarne i confronti.
      Se l'assidua, e onorata applicazione d'un suddito per estende-
re in tutti i modi possibili questo ramo d'esterno commer-
cio; se il lungo impiego delle sue sostanze in vece di un
ozioso consumo, tutte rivolte all' ingrandimento di questo
traffico; se lo spingere senza esempio, e col proprio effettivo
contante un'intiera popolazione in tutte le parti della Ter-
ra a diffonder le Venete stampe; se il dare il movimento
agli edifici, e alle fabriche di carte, e d'altri generi inser-
vienti a questo negozio ritraendo la materia prima dall'
estero; se il dar la sussistenza a un migliaio di sudditi
del Principato, e propagare lo spirito d'attività, e d'indus-
tria in tutta una suddita città con avvantaggio delle
pubbliche regalie; se questo, Prencipe adorato, se questo
è danno di Nazione, se questo può esser delitto per un
suddito, sono ben meritate le invettive, che con tanta
veemenza furono scagliate contro questa suddita ono-
rata famiglia.
      Ma separiamo i tempi, conosciamo le Sovrane provi-
denze, di cui essa è all'ombra, si riscontrino i fatti nell'



Chapter 1 Page 13


attuale suo stato, e nella sua verità, e si trovarà convin-
ta dalle voci istesse del Prencipe la declamazione av-
versaria.
      È presente alla sapienza di questo Ecc.mo. Magistrato la
veneratissima Terminazione 1767 autorizzata dall’ Ecc.mo Sena-
to.
      Fù in quel tempo esaminata l'influenza delle stam-
perie della Terra Ferma, e precisamente quella del ne-
gozio Remondini. Fu essa forse riconosciuta, quale vie-
ne ora dipinta, come la nemica dell'Arte e l'odiosa ori-
gine del suo deperimento? Giudicò forse, che le onorate
applicazioni d'un suddito debbano essere immolate
all'inerzia degli altri?
      Anzi ammirabile si rende l'adorato spirito di paterna
equità, che traluce nelle providenze de quella legge, con
cui salvando limitati oggetti di predilezione ai torchi
della Dominante, fù ben lontana dal prestarsi alla illimita-
ta gelosia degl'individui contro questa famiglia. Non
solo fù raffermata la sua matricolazione all'Arte Veneta,
ma fù dalla munificenza del Senato spontaneamente es-
tesa a tutta la sua discendenza maschile, e si trovò inte-
ressata la pubblica fede nel preservare il suo stato a questo
negozio.
      E quanto alla ristampa, ecco la sovrana Terminazione
di quel tempo. Tutti i libri, niuno eccetuato, dopo estinto
il privilegio, furono lasciati nell'antica libertà ai Veneti
torchi, e alle stamperie di Terra Ferma vietando la ri-
stampa dei libri, che dopo quel giorno fossero per uscir
di privilegio, fù però confermata la esenziale libertà
di tutti gli altri libri, che fino a quel tempo erano già
usciti di privilegio.
      Dopo l'epoca di questa salica legge, utile ai Veneti
torchi, sacra, e necessaria a quei della Terra Ferma



Chapter 1 Page 14


sulla fede di questo riparto comandato dal Prencipe, fù ap-
poggiata la base del negozio Remondini, su questa sola divet-
te le categorie de suoi assortimenti, a questa accomodate le
corrispondenze, sicchè dall'assoluta libertà implorata dalle
Venete case riccorenti esso non può risentirne tutto il bene-
fizio, ma dell'assoluto privativo ne risente cogli altri tutto il
danno, e la rovina.
      Se egli dunque non può sentire tutto il benefizio dell'antica
libertà, con quale arbitrio fù egli accusato d'essere il solo auto-
re del presente divotissimo riccorso? Qual ragione ha il Signor
Priore di trasandare le tre case Pezzana, che sostengono tre
diverse stamperie, tre negozi, e tre firme, la casa Pasquali,
Zatta, Novelli, Pitteri, ed altre tutte beneficate dalla pietà
del Senato del grazioso ascolto, e che tutte dall' universale
perpetuo privativo risentirebbero una totale sovversio-
ne nel loro commercio? In questa parte possono essi
ingenuamente, e con verità asserire, che perciò si sono pre-
sentate nel ristretto numero di dodeci famiglie, perchè
sostenendo esse la ragione del commercio esterno, han-
no creduto non essere opportuno di admettere nel di-
votissimo loro riccorso gl'altri individui dell'Arte, che at-
tendono quasi unicamente al traffico interno. Per al-
tro la maggior parte di quelli, che liberi prima, e senza
impedimento nella stampa di tutta la massa de comuni
e de scolastici, e a portata ancora di approffittare della libertà
degli altri stampatori capitalisti per questo genere, si tro-
vano ora ridotti a due, o tre soli libri, e non più, tutti cer-
tamente ne risentono il danno; e una quantità d'essi av-
rebbe volentieri accresciuto il numero de riccorrenti an-
che in questo rapporto, come può l'auttorità de VV.EE. verificarlo
con accurate ricerche.
      Però troppo manifesto si riconosce in tal parte l'artifi-
zio del Signor Priore, il quale ben vedendo di non poter



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sostenere il suo assunto in confronto delle Venete case ric-
correnti, há tentato di far supporre che la legge di tutti sia la
legge d'un solo; sperando poi contro di questo di poter colla
più infondata declamazione spargere il veleno, e suscitare
il cuore di VV.EE.
      Per questa ragione si hà coltivato nel seguito contra-
ditorio di qualificarlo coi rifflessibili caratteri di pirata, di cor-
saro, di usurpatore de'diritti, e delle sostanze altrui. Ma qu-
al è il fondamento di così avvanzate accuse? Hà egli forse
stampato giammai senza le supreme licenze di questo Ecc-mo
Magistrato? Se ciò fosse, cadauno pure i fulmini della vostra
auttorità sopra di lui. Ma se invariabile, e largo dispensa-
tore del cambio a tutti, le sue direzioni furono appoggiate
ed uniformi alle leggi; se estinto il privilegio, l'auttorità
istessa del Prencipe scioglie dal privativo ogni altro indi-
viduo, l'accusare le sue ristampe è accusarlo di aver usa-
to il benefizio delle leggi, e di averlo usato all'ombra delle
supreme permissioni di VV.EE. Nè si milanti il vantato Se-
col d'Oro, in cui si suppone, che nessun individuo usasse giam-
mai il benefizio della legge; poichè inutile sarebbe stata
l'instituzione de' privilegi, e inutile la legislazione di tre
secoli, che hà sempre versato sulla modificazione de' privile-
gi medesimi, e che convince l'introdotto supposto avversario.
Ben sì può gloriarsi di averlo fatto altre volte il negozio Re-
mondini, rinunciando in parte quella libertà, che gli ac-
cordavano le leggi.
      Finalmente furono esaggerati gli avvantaggi di questo
negozio per aver instituito nella Terra Ferma: nè a questa
parte dovrebbe esser necessario di applicarsi alcuna risposta.
La volontà del corpo lo hà ascolto in seno dell'Arte, la Sovra-
na auttorità del Prencipe lo hà stabilito, e confermato, e in
linea di fatto le attestazioni, e tutti i conti umiliati fan-
no anzi riconoscere, che le di lui stampe dopo la legge 1767



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ridotte al riconosciuto stato di attual perfezione e per materiali
e per man d'opera, e per correzioni, valgono a lui niente meno
che le altra stampe tutte della Dominante.
      Ma di questa parte di esaggerato vantaggio perchi non
approffitta egualmente l'attual Priore Signor Manfrè? La stam-
peria da lui diretta è pur piantata nella Terra Ferma, per-
chè non la solleva egli al vantato stato di grandezza, che as-
serisce derivare da tale vantaggio?
      Altre sono le cause, col di cui mezzo si compiacque il cielo
di benedire i progressi di questo negozio, e della suddita co-
sa Remondini.
      Le assidue sue meditazioni, i suoi replicati tentativi, il rischio
de' suoi capitali, fors'anche quella indeffinibil serie di uma-
ne combinazioni, che si chiama fortuna, ma sopra tutto la
sapienza delle vostre leggi, quella imparzial protezione, che
si mantiene in questo cielo al dritto dei sudditi, questa hà
felicitate, e incoraggite le sue imprese.
      Se tutto d'un colpo, e colla rapida forza di un momento
dovesse esser distrutta la base del suo negozio, qual sarebbe
il destino de' grandiosi capitali esistenti ne' suoi fondachi,
che senza la usata circolazione vanno a restar inutili, e gia-
centi? Quale il destino de' rifflessibili suoi crediti dagli es-
teri, che senza il corso del consueto suo traffico vanno a ren-
dersi inesigibili a danno della nazione? Quale la sorte di
una quantità di stampatori, d'agenti, d'operai, tutti suddi-
ti d'un istesso Principe, e Padre, che da esso educati in quest'
Arte ritraggono la loro giornaliera sussistenza da questo ne-
gozio, e che tremanti attendono dall' esito di questo grave ar-
gomento un giudizio, che non decide niente meno, che del
loro alimento, e del loro stato?



Transcription by: Luis Sundkvist/ Maurizio Borghi

    

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